Giacomo Pellizzari, che seguo da anni nella sua veste giornalistica di indiscusso valore, è anche ciclista appassionato (un giornalista “sportivo” davvero “sportivo” è già un evento…) e ottimo scrittore, come dimostra nella costruzione di questa sua versione “evoluzionistica” del mondo del ciclismo, che tutti noi bike addicted abbiamo vissuto in modo assolutamente travolgente, soprattutto nell’ultimo decennio. Il riferimento è naturalmente al suo ultimo libro dal titolo “Generazione Peter Sagan – Una rivoluzione su due ruote”. Un testo che, appena lo vedi e leggi il titolo, sai già un po’ dove ti porta, ma non sai come… Per questo ti colpisce subito: ottima scelta, se vogliamo cominciare da qui.
Premetto che non si può non condividere il concetto secondo il quale il mondo del ciclismo su strada sia radicalmente cambiato in pochissimi anni, poco più di dieci, dall’epoca della “fatica e basta”, delle magliette malamente concepite e colorate, di uno sport di cui non potevi nemmeno accennare nelle conversazioni della così detta “alta società”, perché “fuori scala”, rispetto ad altri sport più nobili come sci, tennis, vela, golf… In pochissimi anni, però, i negozi di bici sono diventati vere e proprie boutique, costrette a blindarsi all’inverosimile per non essere svaligiate come gioiellerie, e dove a mala pena vieni considerato, se non hai intenzione di investire almeno diverse migliaia di Euro.
L’abbigliamento ha seguito lo stesso filone, cambiando finalmente volto, con una scelta fino a qualche anno fa impensabile, per tipologie e prezzi. E adesso che è diventata un’altra cosa, il ciclismo piace anche all’alta società: non si conta più il numero di famosi imprenditori, professori universitari, industriali, finanzieri, che non vantino le caratteristiche e la componentistica delle proprie bici, facendo sfoggio di elevate conoscenze tecniche, senza averne, e le proprie mirabili imprese estive sulle alte cime… Insomma, tutti stregati dal ciclismo solo grazie a Peter Sagan…? Certo che no, come saggiamente “frena” anche Pellizzari, anche se il “fenomeno Sagan”, più che essere esso stesso motivo del cambiamento, ne è certamente l’espressione e il simbolo più efficace, perchè è arrivato proprio quando era necessario, in un mondo che nel frattempo aveva già iniziato a grandi passi il suo mutamento radicale, ma attendeva con ansia un paladino che ne rappresentasse l’immagine più iconica e mediaticamente più sfruttabile: scanzonato, indisciplinato, irriverente, funambolo, sempre “sfidante”, un po’ (tanto) tatuato, con uno spiccatissimo fiuto social, un ingaggio stratosferico, residenza a Montecarlo, look e atteggiamenti sempre fuori dai soliti schemi. Insomma…una stella del ciclismo del tutto inedita, con un’anima che più rock di così non si poteva proprio creare, nemmeno a tavolino…! Però ci voleva davvero una ventata di libertà e aria fresca per togliere tanta, tanta muffa… Non più il “mite ciclista”, per lo più con l’aria da perdente, ma un modo di vedere lo sport, la vita e il mondo e uno stile di vita finalmente più moderno e al passo con i tempi a cui ispirarsi e in cui riconoscersi, e non solo mentre si pedala…
Il mondo del ciclismo, però, comincia a cambiare in modo rapido e radicale poco più di un decennio fa, cioè ben prima delle più avvincenti vittorie di Sagan, con l’avvento di nuove bici, nuovi materiali, nuove tecnologie, nuovi produttori, nuovi stili, nuovi look, ma anche nuovi imprenditori (anche di immagine), pronti ad investire in un settore nel quale era già intuibile una potenziale crescita in varie aree di marketing, dal giovane trendy all’imprenditore che ha superato gli “anta”, ai quaranta cinquantenni già stanchi di calcetto e tennis, ai delusi di tanti altri sport, alle donne giovani e meno giovani che non avevano mai pensato a una bici da corsa. Un’infinita, potenziale platea di clienti servita su un piatto d’argento, pronta a salire sul carro di chi fosse in grado di proporre qualcosa di finalmente adatto al nuovo millennio. Una miniera, nella quale molti hanno saggiamente investito, trasformando in pochi anni il ciclismo in un “altro sport”. Nel frattempo, è cambiato tutto (o quasi) il popolo del pedale, con la stessa velocità con la quale si sono evoluti i mezzi di comunicazione veloce e i social, capaci di cambiare volto a qualsiasi aspetto della vita di tutti i giorni.
C’era effettivamente bisogno di una prospettiva diversa per uno sport bellissimo, relegato da troppi anni in naftalina, con abbigliamenti ormai desueti, bici dai contenuti tecnologici improponibili, il tutto calato in un mondo che in altre discipline sportive evolveva nel frattempo a ritmi stratosferici, dal calcio allo sci, dal tennis all’automobilismo. Ci voleva un investimento in tecnologie, che sono arrivate puntuali, perché per fortuna ci sono tante imprese che hanno fiuto ben prima di altre, insieme a proposte d’immagine che mettessero d’accordo il popolo dei puri con quello dell’happy hour, come efficacemente Pellizzari cita nel terzo capitolo del suo libro. E’ così che, a poco a poco, da sport per sfigati, andare in bici è diventato “figo”, pedalare è diventato un vero e proprio “stile di vita”, e la bici si è trasformata sempre più in uno status symbol da esibire, perché adesso “fa moda”, non più “fatica e povertà”. Grazie a Pellizzari per averci fatto riflettere con questo bellissimo libro, che è un pò anche il modo più originale per rivisitare le incredibili imprese del più moderno dei grandi campioni del ciclismo. E insieme a lui, grazie anche all’Editore 66THA2ND che, oltre a uno staff di inedita cortesia e garbo, non solo di facciata, propone una scelta originale di titoli e autori, e una veste grafica assolutamente impeccabile. Questo si chiama stile. Chapeau!