Diciamo subito una cosa in modo chiaro: nessun tipo di abbigliamento a compressione migliora la qualità della performance atletica.
Ovvero, se siete degli atleti di serie B, continuerete ad esserlo anche se indosserete capi di abbigliamento a compressione, spesso molto costosi, ma assolutamente inutili per tentare di migliorare le vostre prestazioni.
Questo aspetto è ormai ampiamente consolidato, e attestato da numerosi lavori pubblicati su importanti riviste scientifiche.
Peraltro, è altrettanto dimostrato che tali indumenti non solo non peggiorano la prestazione ma, riducendo le vibrazioni muscolari durante il movimento, riducono la sensazione di fatica, effetto importante in tutti gli sport di endurance, migliorando al tempo stesso la propriocezione muscolare e influendo positivamente sull’economia di corsa e sulla sensazione di fatica muscolare.
Quest’azione a sua volta si ripercuote in modo positivo sulla riduzione degli infortuni, in quanto è noto che essi sono molto più frequenti quando aumenta la stanchezza muscolare, in quanto con la stanchezza si riduce, spesso in modo significativo, la qualità del gesto atletico, favorendo così l’insorgenza di lesioni muscolari e/o tendine.
Oltre a questi rilevanti aspetti e vantaggi dell’uso di indumenti a compressione in allenamenti intensi e in gare di durata, è unanimemente riconosciuto a livello scientifico il ruolo fondamentale di questi presidi nel migliorare i tempi e la qualità del recupero dopo attività intense.
Piú in particolare, infatti, essi sono in grado di ridurre efficacemente il fenomeno dell’insorgenza ritardata del dolore muscolare, o DOMS (Delayed Onset Muscle Soreness), prevalentemente dovuto ai fenomeni flogistici e ai microtraumi muscolari indotti dall’attività intensa, mediante l’aumento della perfusione ematica, che a sua volta non solo porta più ossigeno ai tessuti, ma incrementa anche il drenaggio delle sostanze di scarto.
Tale effetto è stato ben documentato in diversi lavori scientifici mediante la misurazione degli indici di infiammazione, primo fra tutti la CK (creatina chinasi), tipico marcatore di danno muscolare, che va riducendosi ben più velocemente se l’atleta indossa indumenti di compressione dopo uno sforzo intenso e prolungato.
Su questo rilevante aspetto, sperimentalmente dimostrabile, c’è un recente interessante contributo scientifico, pubblicato sulla rivista Evidence-Based Complementary and Alternative Medicine, che vi invito a leggere.
Nella Tabella 4 del lavoro, riportata qui sotto, è chiaramente evidente la riduzione della CK da 24 fino a 96 ore dopo l’esercizio, nei soggetti che indossano indumenti di compressione rispetto a coloro che non li indossano.
Tale effetto è la dimostrazione biochimica dell’efficace influenza della compressione sul recupero del danno muscolare post-esercizio, a sua volta in grado di ridurre in modo significativo il DOMS, ripristinando così più rapidamente le normali funzioni muscolari.
In definitiva, il consiglio che mi sento di dare a tutti gli atleti che praticano sport di endurance, in particolare corsa e triathlon, è di indossare sempre indumenti di compressione, in particolare gambali o calze, sia durante gli allenamenti o le gare, sia soprattutto nella fase di recupero.