L’iponatriemia associata ad esercizio fisico (Exercise Associated Hyponatriemia o EAH) consiste in una diminuzione del sodio a livelli inferiori a 135 mEq/L che compare durante o dopo un’attività fisica intensa, come quella che si sperimenta negli sport di endurance.
Si fa da sempre un gran parlare delle perdite di elettroliti (potassio, magnesio, sodio) che si possono manifestare durante le gare più lunghe, ma poco si parla del fenomeno della possibile diluizione del sodio ad opera non solo delle perdite, ma anche di un possibile eccesso relativo dell’acqua corporea totale in grado di ridurre la concentrazione ematica del sodio.
In genere quest’ultima condizione si verifica quando si beve troppa acqua (o bevande ipotoniche) durante l’attività sportiva. Ciò provoca il superamento della capacità dei reni di liberarsi del carico di acqua in eccesso, causando una riduzione del sodio da diluizione.
L’EAH può essere sintomatica o asintomatica (scoperta cioè casualmente da un esame del sangue effettuato dopo una gara).
Tra le forme sintomatiche di iponatriemia da sforzo, si distinguono quelle lievi, caratterizzate di solito da senso di testa vuota, vertigini, nausea, e quelle gravi (con sodiemia inferiore a 126 mEq/L) nel corso delle quali possono comparire vomito, cefalea, alterazioni dello stato di coscienza (stato confusionale, agitazione, delirio, ecc), fino a convulsioni e coma; queste ultime condizioni sono dovute all’edema cerebrale che configura l’encefalopatia iponatriemica associata allo sforzo o EAHE, che a sua volta può essere o meno associata a edema polmonare.
Il fenomeno negli sport di endurance è molto rilevante, e più frequente di quanto si pensi, soprattutto nella sue manifestazioni “moderate”, tanto da avere indotto un gruppo di accreditati esperti internazionali a mettere nero su bianco in un Consensus Statement pubblicato nel 2015 sulla rivista Clinical Journal of Sport Medicine i principi irrinunciabili per evitare di incorrere in questo problema, dalle conseguenze a volte anche molto gravi.
Come si è detto, per giustificare l’iponatriemia non sono quasi mai sufficienti le perdite di sodio con il sudore. Anzi, l’EAH è più frequentemente riferibile a un’alterazione del bilancio idrico piuttosto che a una perdita consistente di soluto.
In poche parole, è più facile andare incontro a iponatriemia più o meno pronunciata per troppi liquidi assunti che per troppe perdite subite durante l’attività.
L’eccessivo consumo di liquidi in allenamento e in gara può essere indotto dalla sete, soprattutto quando fa molto caldo, ma riflette più spesso il comportamento condizionato che si basa sulle raccomandazioni di bere per evitare la disidratazione.
Molti atleti, e non solo quelli alle prime armi, bevono troppa acqua, anziché integratori isotonici, pensando di contenere così il fenomeno della disidratazione, ma creando così inconsapevolmente i presupposti per un’eccessiva diluizione ematica e con essa, una riduzione del livello di sodio.
In effetti, la maggior parte delle acque presenta un apporto inferiore a 50 mg/L di sodio. È quindi evidente che l’acqua da sola non è sufficiente a compensare le perdite di sodio durante un’attività fisica di durata superiore a 2 ore.
Per garantire un apporto bilanciato di sodio e liquidi, considerando che l’assorbimento medio di liquidi a livello intestinale di solito si attesta intorno ai 600/800 mL/ora, durante l’esercizio prolungato si dovranno utilizzare integratori isotonici che garantiscano 0,5-0,7 g/L di sodio.
Per avere una stima più esatta e coerente di entrate/uscite di liquidi ed elettroliti con il sudore, gli atleti dovrebbero inoltre valutare il peso corporeo prima e dopo gli allenamenti in modo da determinare l’entità ideale della reidratazione.
Una restrizione dell’introito idrico tale che non superi le perdite attribuibili alla sudorazione, riduce comunque il rischio di iponatriemia diluizionale.
In definitiva, bere in quantità adeguate alle perdite utilizzando gli integratori giusti sotto il profilo della concentrazione ottimale di sodio è una regola basilare per garantire l’ideale omeostasi del sodio.
Per questo è importante sapere leggere le informazioni nutrizionali dei prodotti per l’integrazione liquida, valutandole con molta attenzione, meglio se con l’ausilio di un esperto, per riconoscere quelli che effettivamente possono consentire di ottimizzare il recupero di liquidi ed elettroliti in ogni situazione. Com’è evidente nella tabella, infatti, il contenuto di sodio di 4 prodotti isotonici del commercio rivelano quantità estremamente diverse e talora sotto-dosate per garantire il corretto apporto di sodio in allenamento e in gara.
Nella scelta del proprio piano di idratazione è perciò sempre necessario procedere con molta cautela ed esperienza, magari anche seguendo i consigli di un nutrizionista sportivo, che sappia scegliere l’integratore giusto per le esigenze di ciascuno in base alle caratteristiche specifiche del prodotto, trovando anche il tempo per testare sempre in allenamento se il piano e il prodotto scelto è effettivamente adeguato ai bisogni dell’atleta.
FATTORI CHE INFLUENZANO IL FENOMENO
È ormai assodato che il sesso femminile e la durata delle competizioni si associano a più elevato rischio di iponatremia. L’incidenza del fenomeno, infatti, aumenta con la durata dell’attività, in special modo dopo 4-8 ore dall’inizio della gara e le donne sembrano presentare un rischio maggiore rispetto agli uomini.
Nella mia ormai lunga esperienza di gare di endurance, dalle maratone agli IRONMAN, ho visto molte atlete andare incontro a iponatriemia nelle fasi finali di gara. Nelle donne un consumo di un litro/ora di fluidi durante 4 ore di corsa è sufficiente a causare un sovraccarico di fluidi, per cui la raccomandazione è di utilizzare prodotti per l’idratazione che assicurino almeno 0,6 g/L di sodio al fine di ridurre al minimo il rischio di iponatriemia.
Ovvio che influiranno sull’entità del fenomeno anche tutti i fattori che influenzano la sudorazione durante l’esercizio, quali ad esempio la temperatura ambientale, l’umidità, l’intensità dell’esercizio, la massa corporea, le caratteristiche dell’abbigliamento e non ultimo il livello di allenamento.
COME PREVENIRE L’IPONATRIEMIA
Prendendo spunto dalla domanda provocatoria del titolo possiamo dire che…si, negli sport di endurance bere troppo può fare male, soprattutto fa male bere troppa acqua.
La prevenzione dell’EAH passa infatti soprattutto attraverso l’educazione degli atleti riguardo ai rischi di un consumo eccessivo di liquidi.
Le raccomandazioni principali sono:
- stimare le perdite di sudore ogni ora in allenamento in modo da conoscere il proprio effettivo bisogno di idratazione;
- evitare di consumare quantità maggiori di integratori liquidi rispetto a quelle stimate;
- bere piccole quantità a intervalli regolari di 15-20 minuti, e non più di 400-800 mL/h;
- limitare l’acqua e preferire integratori liquidi isotonici con una quantità di sodio tra 0,5 e 0,7 g/L per ricostituire il sodio perso con la sudorazione.
Se vuoi approfondire il tema della corretta idratazione, leggi anche l’articolo al link:https://www.trisportandhealth.it/2020/09/12/come-personalizzare-il-proprio-piano-di-idratazione/