La corsa è uno degli sport più praticati al mondo a qualsiasi età. Il successo sta soprattutto nella particolare accessibilità e fruibilità che consente a chiunque, in ogni condizione, di calzare un paio di scarpette e correre in qualunque ambiente ci si trovi, in città, piuttosto che in campagna, al mare, in montagna o in un parco.
Contrariamente a ciò che pensa, però, la maggior parte di coloro che praticano questo sport, anche la corsa, se intesa non tanto come jogging, tipica “estensione” della camminata veloce, ma come running, richiede particolari doti fisiche e atletiche, oltre a una precisa tecnica per evitare gli infortuni che purtroppo affliggono spesso la platea di chi corre.
Tra le varie discipline sportive, infatti, la corsa è quella afflitta dal numero maggiore di infortuni e il trend è in continuo aumento, in prevalenza soprattutto per una biomeccanica errata, in cui l’appoggio del piede con il tallone (heel strike) sembra rappresentare la causa di gran lunga maggiore: dai legamenti delle ginocchia alle infiammazioni dell’articolazione coxo-femorale, dagli stiramenti a carico dei muscoli posteriori della coscia alle algie riferibili a problemi a carico del tratto lombare della colonna, la lista dei possibili infortuni dovuti a deficit tecnico-posturali è assai lunga.
Ovvio che ne soffrono soprattutto coloro i quali pensano che per correre basti avere un gesto simile alla camminata, ma più veloce, o che magari stanno seduti a lavorare o sul divano per tutta la settimana e poi si lanciano per la corsetta della domenica. Ma non solo, perché anche chi è abituato a macinare tanti chilometri, senza però aver curato adeguatamente alcuni aspetti della dinamica, si trova talora nelle condizioni di doversi fermare per dolori o infortuni a vario livello dovuti proprio ad un’errata biomeccanica del gesto.
Il problema della corsa “tallonata”
In qualunque sport, più si riesce a garantire un gesto tecnico ottimale, più si riesce ad essere efficienti riducendo la fatica.
Ebbene, uno degli errori più gravi nella corsa consiste proprio nell’appoggio “di tallone”, che non solo aumenta gli infortuni, ma aumenta il costo energetico riducendo l’efficienza del gesto atletico e producendo un maggiore affaticamento muscolare, specie sulla lunga distanza.
Lo schema motorio della corsa prevede un movimento in cui spalle, bacino e caviglia devono essere allineati nel momento di contatto al suolo.
Spesso invece molti si trovano ad atterrare con il piede più avanti rispetto al bacino perchè allungano troppo il passo in avanti e così facendo atterrano di tallone andando solo successivamente a rullare sull’avampiede prima di fare il passo successivo.
Farsi riprendere in un breve filmato da un amico può essere un’ottima idea per evidenziare tale difetto che spesso molti si trascinano per anni in modo assolutamente inconsapevole.
L’appoggio corretto, invece, dovrebbe essere di avampiede, e più precisamente di mesopiede, e non di tallone.
Banalmente, se guardate com’è fatta una scarpa da running, vi sarete resi conto che la parte più larga della pianta corrisponde al mesopiede, proprio perché in quel punto è previsto che avvenga l’appoggio tra un passo e l’altro.
Inoltre, se provate a fare dei saltelli sul posto non atterrerete mai con il tallone, ma sempre con il mesopiede: ecco, dopo la fase di volo della corsa, quando entrambi i piedi sono sollevati da terra, dovrà avvenire la stessa cosa…!
Proprio perché fisiologicamente scorretta, la corsa “tallonata” non solo frena la rullata sprecando inutile energia utile all’avanzamento orizzontale del corpo, ma aumenta il rischio di infortuni proprio perché atterrare di tallone è un atteggiamento biomeccanico del tutto innaturale.
L’appoggio di tallone, inoltre, produce un arretramento del baricentro, che viceversa dovrà avanzare in posizione sopra alla gamba di appoggio durante il passo.
Rapporto tra cadenza ed heel strike
Come abbiamo già accennato, molti runner che presentano una meccanica di corsa heel strike hanno spesso la tendenza ad avere un passo troppo lungo, con il piede di appoggio più avanti del bacino e del baricentro. Ebbene, la maggior parte presenta anche un altro importante difetto tecnico, rappresentato da una cadenza troppo bassa.
Cosa significa? Semplicemente che per fare una determinata distanza vengono utilizzati meno passi del dovuto… A prima vista sembrerebbe un vantaggio, ma non è affatto così.
Durante la corsa, infatti, i nostri piedi ci restituiscono energia ad ogni passo. Se facciamo pochi passi, l’energia viene restituita e utilizzata solo parzialmente rallentando così l’avanzamento, perché aumenterà contestualmente anche il tempo di contatto con il suolo, fenomeno che rappresenta uno dei principali motivi dell’aumentato rischio di spiacevoli infortuni.
Una cadenza più alta, idealmente tra 170 e 180, aumenta invece la reattività, diminuisce il tempo di contatto con il suolo e riduce anche l’ampiezza della falcata e il rischio di atterrare sul tallone, sfruttando così al meglio la forza elastica di ritorno.
Considerando che il rendimento della locomozione umana oscilla tra il 20 e il 30% e che dunque siamo delle macchine piuttosto dispendiose, dobbiamo cercare in ogni modo di risparmiare energia. L’aumento della cadenza, unitamente a un gesto biomeccanico più corretto, consente di sfruttare al meglio le nostre potenzialità.
Molti atleti, e non solo neofiti, presentano spesso una cadenza media intorno a 160 passi al minuto (bpm): troppo bassa per essere efficienti.
Il livello “ideale”, infatti, è stimato intorno a 180 bpm. Ovvio che chi è abituato a una cadenza bassa difficilmente riuscirà improvvisamente ad aumentare il ritmo fino a tal punto, ma un po’ alla volta è possibile correggere la frequenza, ottenendo così livelli più consoni, e con essi una maggiore efficienza ed efficacia del gesto atletico.
Ovvio che chi dovesse passare da 160 bpm a 170/175 bpm, anche senza raggiungere i fatidici 180, avrebbe comunque vantaggi energetici e biomeccanici assolutamente già apprezzabili.
E non è affatto vero che se si va piano è impossibile avere una cadenza più elevata, anzi!
Sarà proprio durante gli allenamenti lenti che sarà possibile curare maggiormente la tecnica di corsa, per poi utilizzarla al meglio negli allenamenti più veloci. Vi accorgerete che l’aumento della cadenza si ripercuoterà positivamente anche sul fenomeno della corsa “tallonata”. È stato infatti ampiamente dimostrato che un aumento della frequenza tra il 10 e il 15% rispetto a quella normalmente bassa degli atleti heel strike è già in grado di produrre un più corretto appoggio di avampiede e un migliore controllo del baricentro. E scusate se è poco…
Procuratevi magari un device da polso che preveda l’utilizzo del metronomo o scaricatevi l’app specifica sul telefonino e provate a correre con il ritmo corretto nelle orecchie. Vi servirà non poco per migliorare la cadenza! Buone corse a tutti!