La letteratura scientifica riferisce che tra il 45 e il 75% dei runner subisce ogni anno almeno un infortunio in grado di avere un impatto sul volume della corsa e sull’allenamento.
La maggior parte di queste lesioni sono il risultato di un uso eccessivo e ripetitivo di diversi componenti del tessuto connettivo, per intenderci: legamenti, tendini e cartilagini. Questo problema è in parte dovuto al fatto che con l’allenamento in qualunque disciplina di endurance, e nella corsa in particolare, si è soliti prediligere ed enfatizzare lo sviluppo muscolare, ponendo assai meno attenzione a preservare la “salute” del tessuto connettivo, che se “allenato” a dovere viceversa consente di ridurre e/o prevenire la maggior parte dei più comuni infortuni garantendo un’ottimale longevità atletica.
Perciò il vecchio adagio secondo il quale tutti i runner alla fine si infortunano è vero solo in parte. Sono infatti i runner che non accumulano il chilometraggio in modo razionale, progressivo e con continuità ad avere maggiori problemi, oppure coloro che trascurano di considerare anche altri fattori importanti, a cominciare dai tempi e dalle modalità di recupero, oltre alla mobilità articolare, alla flessibilità, alla forza, per non parlare del controllo del peso, della dieta e della scelta delle scarpe.
È ampiamente dimostrato, infatti, che la possibilità di incorrere in un infortunio è maggiore nei runner neofiti, in quelli “di ritorno”, e in quelli che non praticano con continuità, o in quelli che comunque hanno al loro attivo un chilometraggio inferiore rispetto ai runner più esperti che sviluppano un chilometraggio più elevato. Ciò indica che correre molte miglia non è necessariamente il motivo per cui gli atleti si infortunano. Anzi.
D’altro canto, è del tutto superfluo sottolineare l’importanza del tessuto connettivo nella gestione della corsa: chiunque abbia sofferto di fascite plantare, di uno stiramento del tendine di Achille o di un problema alle cartilagini articolari del ginocchio sa perfettamente quanto sia complesso il recupero funzionale completo rispetto a un “semplice” stiramento muscolare.
Ciò nonostante, spesso i runner meno esperti tendono a concentrare la loro attenzione sull’acquisizione rapida della “forma fisica”, magari utilizzando allenamenti troppo “tirati” per le loro concrete capacità.
In realtà, lo sviluppo adattativo della muscolatura e del sistema cardiovascolare è abbastanza semplice e discretamente rapido, mentre legamenti e tendini sono molto più lenti a sviluppare le loro potenzialità, in buona parte per la loro ridotta vascolarizzazione che richiede tempi più lunghi di “stress controllato” e “sistematico” per sviluppare l’adattamento ottimale. Di solito occorrono dalle sei alle dodici settimane perchè il tessuto connettivo si adatti a cambiamenti che a volte riteniamo erroneamente di scarso rilievo, come ad esempio la sostituzione delle scarpe con un modello completamente diverso dal punto di vista strutturale e prestazionale, o il cambiamento di postura o di appoggio nella corsa.
Ma i maggiori cambiamenti richiesti ai tessuti sono di solito riferibili al volume di allenamento e alla sua qualità. Credo sia noto a tutti, infatti, come un aumento di volume troppo improvviso, anziché progressivo e controllato, o l’aumento di intensità della corsa (ad esempio le ripetute), per non parlare della corsa in salita, possano rappresentare una causa frequente di infortuni a legamenti, tendini o cartilagini.
Perciò uno tra gli obiettivi prioritari di un buon allenatore dovrebbe essere quello di non sovraccaricare il tessuto connettivo dei loro atleti. La corsa lenta, così spesso sottovalutata dai coach e altrettanto troppo spesso sottovalutata dai runner poco esperti che hanno la sensazione (sbagliata) di allenarsi correttamente ed efficacemente solo quando corrono con il cuore in gola, è una base fondamentale per sviluppare e rinforzare il connettivo riducendo in prospettiva gli infortuni più gravi.
Lentamente e con continuità chiunque può essere in grado di sviluppare il proprio “benessere connettivale”, riducendo così la frequenza di infortuni seri, se solo si ha la pazienza di costruire con la consapevolezza dei propri limiti e lentamente la propria base di corsa efficace, mentre contestualmente vale la pena investire sullo sviluppo della forza del core, sulla flessibilità e sulle tecniche di allungamento che migliorano in modo molto efficace la fitness del connettivo.
Alcuni mesi fa il mio chiropratico Baiju Khanchandani mi suggerì una serie di esercizi di mobilità (corsa breve, corsa a ritroso, corsa sul posto…) della durata totale di una decina di minuti, da fare il più spesso possibile, e comunque sempre prima della corsa. Al momento non ne capii a fondo la potenziale ricaduta in termini di prevenzione degli infortuni e di efficienza ed efficacia del gesto atletico, ma alla lunga i risultati sono stati importanti.
D’altro canto, come dice giustamente l’amico Baiju, con tante ore spese in allenamento per preparare una maratona o un Ironman, fare un breve esercizio quotidiano di mobilità costa poco in termini di tempo, ma è fondamentale per migliorare, rinforzare e ottimizzare l’azione di tutti i tessuti di sostegno.