Dopo le settimane di fine dicembre/inizio di gennaio che hanno significato per molti un notevole impegno alimentare dalle conseguenze immaginabili, in tanti mi chiedono un parere per cercare di ridurre l’aumento di peso guadagnato.
A parte il doveroso ricorso al movimento, che non può mancare in ogni percorso per la riduzione del peso, anche chi pratica sport intensamente ha spesso bisogno di trovare la quadra per capire dove valga davvero la pena investire in termini dietetici per rientrare nei propri parametri ideali.
Ebbene, l’attenzione al carico glicemico (CG), che sottende una migliore gestione del sottile equilibrio tra la produzione dei due ormoni che regolano l’assetto glicemico, insulina e glucagone, può contribuire non solo a ridurre il peso accumulato con gli stravizi delle feste, ma anche a imparare a gestire meglio la propria alimentazione in modo da mantenere nel tempo i benefici acquisiti, magari sfruttando anche il monitoraggio continuo (CGM) del livello glicemiconel sangue, con strumenti come Supersapiens.
Indice glicemico (IG)
Prima di analizzare il ruolo del carico glicemico (CG) nel processo di dimagrimento e del mantenimento del peso forma, è importante capire cos’è l’indice glicemico (IG), un parametro elaborato agli inizi degli anni ’80 dal prof. Jenkins dell’Università di Toronto in grado di classificare gli alimenti in base alla loro influenza sul livello di glucosio nel sangue (glicemia).
Per molto tempo in passato si è ritenuto che tutti i carboidrati semplici (zucchero, dolci, bibite, succhi…) fossero uguali e facessero salire rapidamente il glucosio nel sangue allo stesso modo; viceversa si riteneva che tutti i carboidrati complessi (farine e cereali, pizza, patate, gnocchi di patate, legumi, verdure, castagne…) lo facessero salire lentamente e in modo graduale.
Ebbene, gli studi più recenti hanno in realtà ampiamente documentato che non è sempre così e l’interesse per l’indice glicemico ha contribuito a migliorare la consapevolezza del ruolo dei diversi carboidrati e dei cibi che li contengono nel controllo del peso, nella prevenzione delle malattie metaboliche, diabete in primis, e nel mantenimento di una forma fisica ottimale.
L’IG misura il “potere glicemizzante” dei carboidrati, ossia la loro capacità di liberare una certa quantità di glucosio dopo la digestione. Tecnicamente, IG rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all’assunzione di un certo quantitativo alimentare contenente 50 gr di carboidrati.
L’IG di un alimento è perciò il parametro, espresso con valore numerico, che indica quanto un determinato alimento è in grado di aumentare la glicemia rispetto a uno standard con un valore massimale pari a 100, come ad esempio lo zucchero da cucina o il pane bianco.
Nella tabella sottostante sono riportati alcuni esempi di alimenti con IG alto (che fanno aumentare la glicemia rapidamente), medio e basso (che fanno aumentare il glucosio più lentamente).
Si tratta ovviamente di valori medi indicativi, in quanto poi l’IG è influenzato anche da diversi altri fattori.
Carico glicemico (CG)
Conoscere l’indice glicemico di un alimento serve però a poco, se poi non si considera anche la quantità di carboidrati contenuti in un determinato alimento.
Per questo esiste il così detto carico glicemico (CG), un parametro che stabilisce l’impatto sulla glicemia di un pasto glucidico in base al suo indice glicemico e alla quantità dei carboidrati in esso contenuti.
Se ad esempio un alimento ha un alto indice glicemico ma una bassa densità di carboidrati dovuto al suo elevato contenuto in acqua, il consumo potrà comunque essere relativamente più abbondante senza che si raggiunga un alto carico glicemico. Al contrario se un alimento ha un moderato indice glicemico ma un’alta densità glucidica, il suo consumo dovrà essere più moderato.
Il carico glicemico (CG) perciò è un indice che oltre a rappresentare la qualità dei carboidrati determinata dall’IG, considera anche la loro effettiva quantità ingerita.
Ad esempio, un etto di pasta che contiene circa 74 grammi di carboidrati a indice glicemico medio aumenterà di più la glicemia rispetto a una banana che ha un indice glicemico più elevato ma che contiene meno carboidrati.
E ancora, il fruttosio ha un indice glicemico molto basso (IG=20) ma 50 g di fruttosio provocano un aumento glicemico maggiore rispetto a 10 g di zucchero (IG=66).
Il CG valuta, perciò, l’effetto sulla glicemia di un alimento in relazione alle quantità effettivamente consumate. Di conseguenza è un parametro più adatto per calcolare il consumo quotidiano dei vari alimenti nella dieta.
A seconda delle dimensioni della porzione, infatti, il CG di alimenti diversi può risultare simile, nonostante l’indice glicemico degli stessi sia molto diverso.
Ancora un esempio: una porzione di pane ai cereali ha un CG di 19, mentre una porzione di pane bianco ha un CG simile, pari a 17, ma avendo un IG molto più elevato rispetto al pane ai cereali, aumentando la quantità di pane bianco consumata a parità di IG il carico glicemico raddoppierà.
Dunque, mentre l’IG è la misura della qualità dei carboidrati, il carico glicemico è la misura della loro quantità, in quanto tiene conto sia dell’IG che del contenuto di zuccheri per porzione consumata.
Ruolo dell’insulina
Abbiamo visto come il CG sia determinante per definire quanti carboidrati si introducono effettivamente con un alimento. Ebbene, quando introduciamo un alimento ricco di zuccheri semplici, come i cereali raffinati, lo zucchero, i dolci e le bevande zuccherate, i livelli di glucosio nel sangue aumentano progressivamente finché non vengono assimilati e digeriti i carboidrati in esso contenuti.
Quando i livelli di glucosio aumentano nel sangue interviene l’insulina, un ormone prodotto dalle cellule beta delle Isole di Langerhans del pancreas, la cui funzione è quella di ridurre gli zuccheri circolanti nel sangue favorendo il trasporto del glucosio all’interno delle cellule. Quindi l’insulina svolge un’azione ipoglicemizzante svuotando il sangue del suo contenuto glicemico.
Il problema, però, è che la risposta insulinica, dopo l’introduzione di alimenti ad alto IG, è così eccessiva, determinando il cosiddetto “picco insulinico”, da lasciare il sangue con bassi livelli di zuccheri circolanti. Questa improvvisa diminuzione di zuccheri, ipoglicemia “di rimbalzo”, costringerà il nostro cervello a cercare altri alimenti composti da zuccheri semplici per ripristinare rapidamente i livelli ematici di glucosio.
Inoltre l’Insulina, al contrario del glucagone, accumula glicogeno nel fegato (come riserva) e nei muscoli, oltre a promuovere la formazione di trigliceridi dai carboidrati, favorendo l’immagazzinamento dei grassi nel tessuto adiposo. L’accumulo dello zucchero nelle cellule epatiche come glicogeno ha un limite massimo di circa 70 grammi, pertanto i carboidrati in eccesso vengono convertiti in grassi e depositati nel tessuto adiposo. L’insulina pertanto ha un ruolo di “immagazzinamento” e se prodotta in eccesso aumenta il grasso di deposito.
Inoltre, quando l’insulina è prodotta in eccesso, in risposta a un alimento ad alto IG, la glicemia si abbassa troppo, e come si è detto il messaggio che viene trasmesso al cervello è quello di stimolare il centro della fame per introdurre altri carboidrati per compensare l’ipoglicemia improvvisa, incrementando così di nuovo la produzione di altra insulina, creando così un perverso circolo vizioso che dipende dal tipo di alimento introdotto e che è responsabile della “fame da carboidrati”: più ne mangi e più ne mangeresti…
Ruolo del glucagone
L’ormone antagonista dell’insulina è il glucagone, prodotto dalle cellule alfa delle Isole di Langerhans del pancreas, in grado di indurre le cellule a bruciare proteine e grassi, piuttosto che carboidrati, soprattutto a digiuno, promuovendo così la mobilizzazione dei grassi dal tessuto adiposo. In buona sostanza, mentre l’insulina in eccesso porta ad un aumento del tessuto adiposo, il glucagone ne induce il consumo.
Se però non si mantiene bassa l’insulina non si permette al glucagone di smuovere il grasso di riserva.
Il nostro organismo in presenza di elevati livelli ematici di zuccheri non ha nessun interesse a svuotare le riserve di grasso, perché ragiona in termini di sopravvivenza cioè tende ad incrementare o mantenere costante le riserve di grasso che potranno servire in periodi di “carestia” (genotipo risparmiatore). L’uomo, nel corso dei millenni ha dovuto adattarsi ad un ambiente povero di nutrimento e la capacità di accumulare tessuto adiposo era un elemento essenziale per la sopravvivenza.
Per cui qualsiasi tipo di dieta che non tenga conto dell’indice glicemico, del carico glicemico e che non incida sul mantenimento della cosiddetta “calma insulinica”, non porterà mai ad una riduzione efficace di massa grassa e a un mantenimento del risultato ottenuto con la dieta.
La calma insulinica si ottiene prediligendo, oltre agli alimenti proteici poveri in carboidrati, soprattutto alimenti che hanno basso carico glicemico (CG) come cereali integrali, frutta e verdura, riducendo al minimo invece gli alimenti ad alto indice e carico glicemico, come ad esempio pane bianco, pasta, patate, pizza, carote, mais, dolci, gelati, zucchero raffinato, frutta esotica, uva, fichi…
Servirsi del CG per organizzare la propria dieta quotidiana contribuisce a tenere la glicemia sotto controllo ed è molto importante non solo per chi ha problemi metabolici come i pazienti diabetici, ma anche per tutti gli atleti che hanno bisogno di mantenersi in forma e per chi vuole calare qualche chilo imparando al tempo stesso a nutrirsi in modo intelligente.
Questo non significa che sia necessario bandire dalla dieta tutti gli alimenti ad alto indice glicemico e carico glicemico, ma che essi possono piuttosto essere utilizzati ad esempio dopo un allenamento intenso o una gara, quando i livelli di glicogeno muscolare ed epatico sono stati svuotati da una consistente attività atletica, soprattutto se di endurance.
In buona sostanza, chi vuol dimagrire o mantenere il peso sotto controllo, dovrà mantenere bassa l’insulina e stimolare la produzione di glucagone, mediante la riduzione di zuccheri semplici, privilegiando alimenti provenienti da farine integrali e praticando un’attività fisica aerobica costante.
Sistemi di monitoraggio continuo della glicemia
I sistemi di monitoraggio continuo (CGM) del livello glicemico nel sangue, come Supersapiens, oltre alle molte funzioni di controllo dedicate agli sportivi, consentono anche di imparare a visualizzare la risposta insulinica determinata dai diversi tipi di alimenti introdotti con la dieta e rappresentano perciò un interessante modello per abituarsi ad alimentarsi correttamente tenendo sotto controllo la secrezione insulinica, migliorando così il benessere fisico e metabolico e con esso l’equilibrio del peso corporeo.
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