Cinque errori da evitare in bici 

Per i neofiti del triathlon, la frazione in bici di una gara di triathlon sembra essere relativamente semplice: salire in sella, pedalare veloci, scendere per poi correre non sembra infatti quasi mai preoccuparli più di tanto, rispetto ad esempio alla prova di nuoto. 

In realtà il problema della gestione della bici, soprattutto in una gara medio-lunga, è molto più complesso di quanto possa apparire a prima vista, anche per i triatleti più esperti.

Per garantirsi una buona prestazione in bici e poi in corsa, un triatleta deve infatti prestare attenzione a un sacco di potenziali variabili, e chi sbaglia la gestione della frazione in bici quasi sempre “paga pegno” non solo sui pedali, ma rischia di fallire clamorosamente anche la frazione di corsa.

Anche i triatleti più esperti cadono ogni tanto nel tranello di una frazione bici mal gestita per poi pagarne le conseguenze durante la corsa. In effetti, talora si commettono alcuni errori senza nemmeno accorgersene, se non a posteriori…

Ecco quindi cinque frequenti errori da evitare, tra i tanti possibili, e le relative soluzioni per cercare di limitare un’infelice gestione della frazione bici:

Errore n. 1: integrazione insufficiente

Uno dei principali motivi per i quali molti triatleti “esplodono” in bici è quello del non alimentarsi/idratarsi abbastanza.

Nelle gare sprint questo aspetto è meno rilevante, ma dalla distanza olimpica in poi contrastare l’esaurimento del glicogeno e la perdita di liquidi diventa una fattore chiave per il controllo della fatica e l’ottimizzazione del rendimento. 

Il rifornimento adeguato di carboidrati (generalmente mai meno di 60 grammi all’ora), insieme a liquidi ed elettroliti, è infatti correlato in modo schiacciante al miglioramento delle prestazioni. 

Ormai sappiamo davvero tutto in merito al ruolo fondamentale dei carboidrati in allenamento e in gara. Partendo da questi presupposti, il mancato rispetto dei corretti requisiti di rifornimento in bici può rapidamente mandare a monte una gara, poiché l’esaurimento del glicogeno e la disidratazione sono difficili, se non impossibili, da compensare durante la corsa.

La frazione in bici d’altro canto rappresenta il momento ideale per gestire l’integrazione: la posizione seduta, lo scarso impatto della pedalata sul funzionamento del sistema gastroenterico, la facilità logistica di avere a disposizione cibo e liquidi onboard, costituiscono il momento ideale per alimentarsi e idratarsi adeguatamente. Ciò nonostante, molti triatleti non mangiano e non bevono abbastanza durante la frazione in bici. 

Per alcuni, il problema è trovare il cibo e la bevanda giusti che abbiano un buon sapore e siano ben tollerati dall’intestino durante gli sforzi intensi. Per altri, è capire quanto mangiare e bere. Oltre a questo, c’è anche il non facile problema di sviluppare in modo progressivo una tolleranza adeguata ai prodotti per la nutrizione sportiva imparando a gestirla allo stesso modo in allenamento e in gara.

Tutto questo richiede lavoro, e questa sperimentazione dovrebbe essere svolta sempre per tempo durante l’allenamento, in modo da arrivare al giorno della gara con un solido piano nutrizionale già ben definito. Eppure molti triatleti non lo fanno…

Non solo… perché altri possono avere anche un altro problema, che vediamo di seguito.

Errore n. 2: integrazione eccessiva

Se il rifornimento insufficiente può rappresentare un errore fatale in bici (e poi in corsa…), anche mangiare e bere troppo può essere un problema…

Capita spesso, ad esempio, che gli atleti cambino le loro strategie nutrizionali “risparmiando” sul rifornimento durante l’allenamento, per poi alzare la posta il giorno della gara. Oppure capita che ci si alleni in climi più freddi bevendo poco, per poi aumentare notevolmente l’assunzione di liquidi in una gara che si svolge al caldo. Purtroppo, il sistema digestivo non è in grado di gestire cambiamenti così drastici e repentini, e il “disagio gastrointestinale” è il modo in cui il corpo lo rende noto.

La soluzione? Avere un piano di rifornimento in bici collaudato e messo alla prova mentre ci si allena in condizioni simili al giorno della gara, per clima e intensità. Più semplicemente, anche l’intestino va allenato…! 

È stato infatti dimostrato che praticare regolarmente un piano di alimentazione aumenta l’assorbimento dei carboidrati, migliora lo svuotamento gastrico e riduce il disagio gastrointestinale, migliorando così le prestazioni. Ma se ci si allontana troppo da ciò che si è praticato durante l’allenamento, state pure certi che lo pagherete in bici e purtroppo ancora più spesso durante la corsa…

Errore n. 3: non ottimizzare il ritmo

Gli errori di integrazione non sono l’unico aspetto che può compromettere una gara. 

Quando si esce dalla prima transizione, infatti, molti si lasciano prendere la mano spingendo “fuori misura”, in pianura o in salita, con l’intento di fare meglio degli altri. In questo modo, è facile cadere nella “trappola del ritmo” quando si spinge oltre il proprio limite cercando magari di raggiungere un podio di categoria o pensando di recuperare una nuotata scadente. Invece, quando non c’è una gara con scia ad aiutarti, è solo la coerenza con i propri limiti che consente di non “esplodere” in bici.

La ricerca scientifica infatti suggerisce che una distribuzione uniforme della potenza e dello sforzo è il modo migliore per ridurre al minimo l’affaticamento e ottimizzare le prestazioni, in particolare con l’aumentare delle distanze di gara. Gli atleti di lunga durata che mantengono una potenza e una frequenza cardiaca relativamente uniformi, nonostante le salite e il vento, hanno mostrato prestazioni migliori con una frazione di corsa più vantaggiosa ed efficiente. 

Nella frazione in bici, infatti, la fatica è multifattoriale, e per ridurla il più possibile gioca molto sapere contenere in modo efficace l’esaurimento del glicogeno, l’affaticamento neuromuscolare e il possibile impatto climatico (caldo, umidità…), tanto maggiormente quanto più aumenta la distanza di gara.

Certo, gli atleti non sono tutti uguali sotto il profilo fisico e fisiologico e le strategie di ritmo non sono uguali per tutti. Ma nelle gare più lunghe, bruciare velocemente le riserve di carboidrati e aumentare lo stress termico con continui cambi di ritmo o con aumenti repentini di potenza per affrontare con maggiore energia salite, sorpassi o tratti veloci può comportare un affaticamento neuromuscolare più precoce rispetto a quanto provato in allenamento, che si pagherà poi nella frazione di corsa.

Errore n. 4: sottovalutare i percorsi “flat”

La maggior parte dei triatleti ritiene che la maggiore difficoltà di un percorso in bici sia rappresentata sempre e comunque dal dislivello, sottovalutando così le possibili variabili che possono rendere difficile anche una frazione pianeggiante. 

I percorsi “flat” in realtà talvolta non sono affatto “più facili” come molti presumono. Forse più veloci, ma spesso non così tanto “facili”.

Chi, ad esempio, ha provato una frazione di molte decine di chilometri totalmente piatta con un forte vento contrario conosce perfettamente la noia demoralizzante che può assalirti passando tanto tempo sempre incollato alle appendici della crono-bike, magari riuscendo a spingere a malapena sui pedali controvento.

Anche in assenza di vento, massimizzare le prestazioni su percorsi pianeggianti richiede comunque di possedere una spinta costante, efficace e il più possibile aerodinamica, pur mantenendo una posizione ragionevolmente comoda. Non ci sono infatti salite per cambiare posizione, né discese per riprendere fiato, e niente che possa modificare la tensione muscolare o semplicemente dare tregua al corpo.

Su un percorso pianeggiante con una posizione aerodinamica stabile, l’intera catena posteriore del corpo è in costante tensione. Per un atleta muscolarmente impreparato o poco flessibile, ciò significa che i crampi e i dolori potrebbero essere in ogni momento dietro l’angolo. E comunque anche i migliori atleti faticano in modo considerevole se devono costantemente mantenere una posizione aerodinamica per lungo tempo.

Perciò, se è vero che un percorso piatto potrebbe portarti a realizzare il tuo tempo più veloce, allenati anche per affrontare le ipotesi peggiori. Se devi affrontare una gara “totally flat”, preparati su percorsi pianeggianti (o su un trainer) trascorrendo la maggior parte del tempo in posizione aerodinamica, altrimenti il giorno della gara potrebbe capitarti di vivere un’esperienza lunga e dolorosa sia in sella che nella successiva frazione di corsa.

Errore n. 5: non prendersi cura della bici

Certo, se è vero che in ciascuna delle tre frazioni può sempre succedere di tutto, dalla rottura della cerniera della muta a quella dei lacci delle scarpe, è vero altresì che gli inconvenienti maggiori sono a carico della frazione bike.

Iniziare con una bici non perfettamente funzionante, o senza alcuna conoscenza meccanica di base, è di gran lunga il modo più semplice per rischiare di mandare a monte una gara.

Le biciclette sono macchine complesse, tanto più quanto più sono evolute nella tecnologia.

Dal canto loro, i triatleti, soprattutto di lunga distanza, spremono le loro bici all’inverosimile in allenamento sottoponendole a ore e ore di stress su strada o sui rulli.

Per questo, un controllo a tutti i componenti fondamentali, dai freni, al cambio, alle ruote, alle coperture, non può mai mancare prima di partire per una gara. Altri problemi, poi, possono sorgere se si deve smontare e rimontare la bici per un lungo viaggio.

Il giorno prima di una gara, la maggior parte degli atleti fa un rapido controllo della bici in una stanza d’albergo o facendo qualche breve giro intorno a un parcheggio prima del bike check in, ma può non essere abbastanza. Meglio testare la configurazione di gara pedalando per qualche chilometro prima di portare la bici in zona cambio, soprattutto è stata smontata per il viaggio o bloccata sui rulli per mesi.

E se non si ha dimestichezza almeno con gli interventi più semplici, dalla caduta della catena alla foratura, meglio fare un po’ di “scuola” per evitare di mandare a monte una gara per un problema facilmente risolvibile con un minimo di pratica.