Le moderne scarpe da running sono progettate per aumentare il comfort e prevenire gli infortuni migliorando se possibile le prestazioni. Ma non è tutto oro quel che luccica, perché a volte gli aspetti evolutivi delle moderne calzature possono influenzare non sempre positivamente la meccanica di corsa, la propriocezione e la dinamica del piede, con le relative conseguenze.
Dagli anni ’70, quando le aziende del settore hanno iniziato a sviluppare scarpe da corsa finalizzate sempre più all’ottimizzazione delle prestazioni e alla riduzione degli infortuni, il design e la tecnologia si sono parecchio evoluti.
Oggi i runner hanno a disposizione un ampio range di prodotti, dalle scarpe minimaliste no cushioning alle high-cushioned con la presenza di schiume altamente efficienti ed elastiche e la presenza o meno di piastre di carbonio incorporate.
La varietà del design delle attuali scarpe, peraltro, va di pari passo con un’altrettanta varietà di opinioni in merito al fatto che alcuni aspetti ed evoluzioni tecniche siano o meno effettivamente in grado di prevenire gli infortuni e/o impattare sulle prestazioni.
Non si tratta di mettere in discussione aspetti tecnici ormai consolidati in termini di efficienza ed efficacia, ma piuttosto valutare meglio i compromessi legati alle modifiche biomeccaniche che essi possono produrre su muscoli, tendini e articolazioni di cui è importante essere consapevoli quando si sceglie una calzatura per la corsa.
Un recente interessante articolo apparso sulla rivista Exercise and Sport Sciences Reviews ha preso in esame proprio questi compromessi nel dettaglio.
Condotto da due biologi evolutivi della Harvard University, Ali Yawar e Daniel Lieberman, l’articolo non ha l’intento di sminuire le caratteristiche tecniche delle moderne scarpe ammortizzate. Piuttosto, gli autori si limitano a sottolineare che gli esseri umani si sono evoluti in modo “naturale” per essere in grado di correre in modo efficiente, e che le scarpe più recenti hanno perso molta di questa “naturalità” della corsa, producendo così sia benefici che conseguenze indesiderate.
Le scarpe da corsa high-tech di oggi presentano più di venti diverse caratteristiche tecnologiche e di design, ma gli autori del lavoro ritengono che solo sei di esse siano davvero le più importanti in termini di effetti sulla biomeccanica. Sono proprio questi sei aspetti che cercheremo di valutare di seguito in questo articolo.
“Massa” della scarpa
Durante la corsa, il costo metabolico attribuibile allo slancio in avanti della gamba per produrre il passo successivo, dalla posizione di decollo a quella di atterraggio, è molto significativo.
Si stima infatti che fino al 20% del costo metabolico della corsa sia destinato esclusivamente a questo gesto atletico. La ragione di ciò ha a che fare con la dimensione dei piedi, che in media rappresenta circa il 9% della massa totale della gamba. Con scarpe più grandi e più ammortizzate, si verifica un aumento apprezzabile della massa del piede e un conseguente aumento delle esigenze metaboliche per la corsa, con un incremento dell’1% del costo metabolico ogni 100 g aggiunti.
È qui che entrano in gioco i compromessi biomeccanici: gli autori sostengono che, poiché l’ammortizzazione della suola può aiutare il corridore a risparmiare energia, fornendo anche alcuni compromessi cinetici per migliorare la velocità, essa costituisce comunque un vantaggio netto nonostante l’aumento della massa della scarpa.
Rigidità compressiva della suola
Quando la corsa divenne molto popolare e gli infortuni legati alla corsa iniziarono ad aumentare in modo proporzionale, si teorizzò che essi fossero il risultato diretto della forza ripetitiva dell’impatto del piede contro il terreno.
Fornendo un’ammortizzazione sotto forma di una suola più spessa, i produttori ipotizzarono (a ragione) che gli infortuni avrebbero potuto essere ridotti perché la forza di collisione sarebbe stata assorbita dalla scarpa stessa, anzichè scaricarsi tutta su muscoli, tendini e articolazioni. Aumentando lo spessore della suola, infatti, aumenta anche la rigidità compressiva e questa proprietà fisica ha un effetto diretto sul modo in cui le forze del terreno vengono assorbite dal piede e dalla gamba durante la corsa.
Le scarpe da corsa con la suola più spessa rallentano la velocità di impatto con il terreno, consentendo una dissipazione della forza più graduale rispetto a quando si corre a piedi nudi. Tuttavia, proprio come con la massa delle scarpe, anche qui c’è un importante compromesso che deve essere considerato per capire come trarre effettivo beneficio e vantaggio da questo particolare tecnico che comunque non è in grado di prevenire tutti gli infortuni legati agli impatti durante la corsa.
Il compromesso chiave in questo caso è che con una scarpa con suola più spessa, la velocità dell’impatto con il terreno è rallentata, ma la durata dell’impatto dura più a lungo. Quindi, mentre la forza massima è inferiore rispetto a quella senza ammortizzazione, la forza d’impatto totale è maggiore perché dura più a lungo. Questo è indicato come “impulso d’impatto”.
Questo compromesso varia tra runner che presentano andature diverse. Infatti, coloro che corrono con un appoggio sul tallone subiranno di più gli effetti dell’impulso d’impatto, mentre coloro che corrono con un appoggio sull’avampiede sono in grado di ridurre l’impulso d’impatto anche se indossano scarpe più ammortizzate.
Rigidità di flessione della suola
Più la suola della scarpa da corsa è rigida (es: piastra in carbonio), più diventa resistente alla flessione. Riducendo la flessione, il punto di spinta del piede si sposta in avanti creandosi così una maggiore tensione sul tendine di Achille necessaria per fare leva su questa piattaforma “maggiorata” e spingere il corpo in avanti (Figura 1). Il risultato di questo spostamento del punto di spinta è un rapporto di trasmissione maggiore per l’articolazione della caviglia che permette una maggiore velocità di propulsione.
Tuttavia, anche in questo caso c’è un compromesso da considerare, che consiste nel diverso “costo” fisico-metabolico in runner con diversa efficienza associato a questo tipo di struttura.
Nello studio emerge infatti che il costo fisico-metabolico associato alla corsa con scarpe più rigide è aumentato, anche se sussiste una relazione inversa con la velocità del passo.
Correre a velocità più elevate riduce infatti il costo fisico-metabolico, mentre correre a velocità più basse aumenta tali costi. Ciò ha una rilevanza importante, ad esempio, per l’uso di scarpe con piastre in fibra di carbonio che aggiungono una rigidità significativa alla suola della scarpa.
Stando a questi risultati, emergerebbe che i runner più lenti potrebbero pagare un costo fisico-metabolico ben più elevato rispetto all’utilizzo di scarpe con suola più morbida.
Figura 1: La rigidità della suola influisce sul punto di spinta del piede. La suola più rigida a sinistra sposta il punto di spinta in avanti allungando la leva del piede (rg) e aumentando il rapporto di trasmissione della caviglia. In questo scenario la forza esercitata dal tendine d’Achille (Fa) è maggiore (Exercise and Sport Sciences Reviews 2023 Oct 1;51(4):128-139).
Supporti dell’arco plantare
L’arco longitudinale mediale (MLA) e l’arco tarsale trasversale (TTA) sono due strutture in grado di irrigidire il piede, rendendolo resistente alla deformazione durante l’atterraggio. Il TTA funziona inoltre come una molla, immagazzinando energia all’atterraggio e rilasciandola durante il decollo.
I supporti dell’arco plantare presenti nelle scarpe da running sono costituiti da materiali rigidi inseriti nella suola sotto i due archi in grado di impedire o ridurre al minimo la loro deformazione.
Riducendo la deformazione dell’MLA, la fascia plantare e i piccoli muscoli intrinseci del piede vengono protetti dallo sforzo, ma ciò avviene a costo di sviluppare potenzialmente debolezza in queste strutture aumentando così il rischio di lesioni. Inoltre, il supporto dell’arco plantare compromette la naturale funzione elastica dell’MLA riducendo l’economia di corsa che può arrivare fino al 6%.
Heel-Toe offset (drop/differenziale) maggiorato
Quello che comunemente chiamiamo drop o differenziale è un aspetto tecnico delle scarpe più recenti sul quale si dibatte senza sosta. Se sia meglio un drop maggiore o minore, e se sia perciò meglio un tallone “maggiorato” o “minimal”.
Diciamo subito che una scarpa con il tallone più spesso comporta una costante inclinazione in avanti del piede, ed è questo particolare tecnico che comunemente si richiama quando si parla di Heel-Toe Offset (HTO).
Ebbene, un tallone più spesso determina una velocità di carico ridotta sul piede e sulla caviglia, ma con un impulso di impatto complessivo più elevato.
Tuttavia, l’HTO ha altre conseguenze sulla biomeccanica a causa del modo in cui fa sì che il piede si trovi in una costante posizione di flessione plantare (Figura 2). Ciò riduce la quantità di forza che può essere prodotta dalla caviglia, che è invece la parte anatomica in grado di generare velocità in corsa, e questo spesso si traduce in un aumento della lunghezza del passo oltre a generare cambiamenti nelle interazioni biomeccaniche delle articolazioni della parte inferiore della gamba a causa del mutamento di posizione della caviglia.
Non solo, ma le scarpe con HTO più alto hanno di solito anche una svasatura più ampia della suola sul tallone, apparentemente per fornire maggiore stabilità al runner. Sfortunatamente, questi talloni svasati aumentano la probabilità di eversione della caviglia (rotolamento della caviglia) perché la suola svasata consente una leva più grande che può esercitare una forza rotatoria sull’articolazione della caviglia ad ogni passo (Figura 3).
Figura 2: Le scarpe da corsa con un HTO più alto posizionano il piede in una posizione in cui l’avampiede è più basso del tallone sia in piedi che durante la corsa (Exercise and Sport Sciences Reviews 2023 Oct 1;51(4):128-139).
Figura 3: le scarpe da corsa con un HTO più alto hanno un tallone più svasato e possono contribuire a una maggiore instabilità della caviglia. Poiché c’è più massa e distanza dall’articolazione della caviglia all’aspetto esterno della suola della scarpa, c’è una “leva” più grande rappresentata da Fx+rx che esercita una forza rotatoria sull’articolazione della caviglia e aumenta il rischio di eversione (Exercise and Sport Sciences Reviews 2023 Oct 1;51(4):128-139).
Spessore della suola e riduzione della propriocezione
L’ultima caratteristica è forse la più importante per illustrare i compromessi biomeccanici nelle scarpe da corsa è il modo in cui lo spessore della suola altera la capacità di percepire il terreno.
I nostri piedi sono infatti permeati da una rete incredibilmente ricca di recettori sensoriali che ci restituiscono un feedback del terreno su cui stiamo correndo.
Con suole più spesse e morbide, questo feedback sensoriale viene perso e potrebbe aumentare il rischio di perdite di equilibrio, con ripercussioni a carico delle articolazioni e delle strutture tendinee. È stato dimostrato infatti che, indipendentemente dall’età dell’atleta, le scarpe con la suola più morbida sono effettivamente associate a maggiori difficoltà nel mantenere l’equilibrio.
Takeaways su scarpe da running e biomeccanica
Il rapido e diversificato sviluppo delle scarpe da corsa negli ultimi decenni ha portato a diversi importanti compromessi biomeccanici per fornire ai runner di oggi una migliore protezione, prevenzione degli infortuni e comfort. Nessuno di questi compromessi dovrebbe essere visto come un mezzo per sostenere che correre a piedi nudi sia preferibile rispetto a correre con scarpe altamente ingegnerizzate. Dovremmo invece valutarli per quello che sono, ovvero degli approfondimenti su come interagiscono scarpe e runner, per aiutarci a capire come selezionare al meglio le caratteristiche che possono migliorare la capacità di un individuo di correre comodamente senza infortuni.
Inoltre, poiché sempre più atleti adottano le cosiddette “supershoes”, ovvero scarpe da corsa realizzate con schiume speciali e piastre in fibra di carbonio incorporate nelle suole, i costi potenziali di queste calzature devono essere misurati rispetto ai benefici pubblicizzati.
Ciascun atleta dovrà perciò essere onesto nel definire le proprie caratteristiche e meditare su ciò che desidera effettivamente da una scarpa: comfort, prevenzione degli infortuni o prestazioni…
In questo modo, tenendo presente i reali costi fisico-metabolici di alcune di queste caratteristiche, i runner potrebbero essere maggiormente coerenti nello scegliere una scarpa che si adatti effettivamente al proprio stile di corsa e alle proprie prestazioni, piuttosto che pensare a una scarpa che li trasformi in qualcosa che non sono…