Se siamo onesti, dobbiamo ammettere che la prima frazione di una gara di triathlon non è una gara di nuoto, almeno come la intendono spesso molti istruttori che incontrate in piscina, ma qualcosa di molto, molto diverso.
E non solo perché si tratta di una prova in acque libere, che è cosa ben diversa dal nuoto in vasca, ma perché necessita non tanto e non solo di tecnica, ma di abilità che purtroppo sono difficilmente riscontrabili nella maggior parte di coloro che si affacciano per la prima volta al mondo del nuoto e, peggio, anche tra coloro che affrontano gare di triathlon.
Allora diciamo subito che forse è tempo di riconoscere quanto sia “unica” l’esperienza del nuoto nel triathlon e di trasmettere questo messaggio a chi inizia, ma anche agli istruttori, più abituati a formare atleti che praticano gare di velocità in vasca piuttosto che una prova complessa com’è la prima frazione di un triathlon, magari immersi nella frenetica tonnara di una gara “sprint”, piuttosto che nelle prove su lunga distanza in condizioni di mare a volte piuttosto difficili.
Insomma, se siete “nuovi” nel mondo del triathlon, dite subito all’istruttore che vi segue in piscina che vi dovete preparare per qualcosa di molto diverso dal nuoto in vasca e che per questo l’attenzione formativa dovrà essere posta anche su aspetti che troppo spesso vengono sottovalutati.
Semplici “abilità di base”
Dico tutto questo, perché dalle evidenze della Croce Rossa Americana emerge che, anche se la maggior parte degli americani sostiene di “sapere nuotare”, in realtà solo il 46% possiede le cinque abilità di base necessarie per salvarsi la vita in acqua:
Si tratta, com’è evidente, di gesti a prima vista semplicissimi, ma non così scontati come potrebbe sembrare, e immagino che per molti triatleti esperti quanto dico sembri del tutto “fuori tiro”, anche se la cosa più sorprendente è che pure molti atleti in attività non sono in grado di eseguire queste cinque semplici abilità…
È un po’ come chi sostiene di sapere andare in bicicletta, ma non ha mai provato a fare la gimcana tra i birilli con una bici da corsa senza travolgerli quasi tutti, e dunque non saprebbe evitare un ostacolo improvviso, oppure è “frenato” dal terrore in discesa, per non parlare di chi non sa salire e scendere al volo dalla bici…
Tutti aspetti critici di gestione della bici su strada che la nuova “mania” degli allenamenti indoor sta enfatizzando, creando una generazione di ciclisti troppo spesso incapaci di affrontare la cruda realtà delle nostre strade sempre più pericolose.
Niente di molto diverso da ciò che avviene nel nuoto, perchè stando a questi dati buona parte della popolazione americana adulta (ma non credo che in Italia vada molto meglio…) di fatto non ha abilità sufficienti in acqua per salvarsi in condizioni difficili, e dunque è difficile immaginare che un nuotatore che abbia imparato a nuotare in vasca senza sviluppare queste abilità motorie elementari possa affrontare per la prima volta una gara di triathlon, magari in un mare “difficile” e/o su distanza media o lunga, in modo efficace e senza panico, tra centinaia di altri triatleti scatenati che si affollano in uno spazio ristretto urtandosi di continuo. E poi c’è chi si stupisce per l’elevato numero di ritiri (e di malori talora fatali…) nel triathlon proprio nelle primissime fasi della prima frazione…
Troppi atleti si concentrano solo sull’unico obiettivo di nuotare velocemente in piscina senza avere le basi per salvarsi in condizioni di difficoltà, non sapendo per esempio tuffarsi e tornare a galla orientandosi nello spazio circostante (e dunque non sapendo cosa fare se qualcuno in gara ti “salta sopra” e ti butta sotto…), oppure non sapendo restare a galla senza muoversi (e dunque andando a fondo se per caso ci sarà bisogno di una sosta, casomai con le mani occupate per pulire gli occhialini…).
In realtà, le situazioni potenzialmente pericolose in cui un atleta può trovarsi durante una prova di triathlon richiedono che tutti siano abbastanza esperti a “tutto tondo”, e adeguatamente abili a cavarsela in acqua in ogni situazione potenzialmente pericolosa.
Un nuoto “confortevole” in acque libere presuppone non solo che si riesca effettivamente a nuotare in uno spazio aperto, con tutte le possibili variabili e le potenziali insidie, ben diverse da ciò che si vive in uno spazio confinato e controllato come la piscina, ma che si sia anche consapevoli delle proprie abilità motorie elementari.
Le colpe di atleti e istruttori
A volte mi chiedo qual’è il senso di andare così di fretta? Ovvero perché ci si concentri così tanto su distanza e soprattutto velocità, magari con estenuanti sedute di ripetute “a tutta”, senza avere presente cosa significhi veramente nuotare da neofita in acque libere, e magari su lunga distanza.
Purtroppo la maggior parte degli istruttori di nuoto non ha mai visto o partecipato a una gara di triathlon ed è troppo abituata a formare e/o seguire squadre di atleti “master” che hanno ben altri obiettivi rispetto a quelli di un triatleta.
Troppo spesso infatti ci si concentra, anche per la poca disponibilità di tempo, sulla velocità e sul miglioramento delle frazioni in vasca corta senza dare alcuno spazio all’allenamento aerobico di resistenza, ignorando (o saltando completamente) la verifica delle abilità di base in acqua e le possibili strategie per garantire continuità, efficacia e sicurezza in acque libere.
Un po’ come nella corsa si impara a controllare la postura e l’efficacia della rullata correndo più piano, anche nel nuoto gli atleti neofiti dovrebbero essere invitati a curare la tecnica solo dopo avere dimostrato di essere in grado di rimanere efficacemente a galla, respirare correttamente e “sopravvivere” senza stress almeno per qualche vasca senza doversi fermare. Perché in mare non c’è il bordo piscina…
Perciò, se sei un neofita, la prossima volta che sei in acqua, dopo un po’ rallenta così tanto da fermarti. Prendi un momento per fare un check e chiederti: riesco a galleggiare e respirare stando immobile…? Sono rilassato…? Posso concedermi qualunque tipo di movimento senza panico come rotolare su me stesso, voltarmi sul dorso senza muovermi…? Insomma…sono davvero in grado di controllare la mia situazione in acqua…?
Un ritorno alle origini?
Io appartengo a una generazione che si è arrangiata per conto proprio ad imparare ad andare in bicicletta, anche a costo di tante cadute e tante ferite, ma che proprio per questo in bici sa fare di tutto.
E sono pure tra quelli che prima di imparare a nuotare ha imparato a tuffarsi in mare o in un lago senza tapparsi il naso e a giocare (spesso “ferocemente”…) in acqua con gli amici, talora finendo sul fondo e dovendo risalire trattenendo il respiro per non bere…
Queste sono le preziose abilità che oggi i ragazzi, ma anche diversi giovani adulti, raramente possiedono, perché ormai poco abituati a una vita libera all’aperto. Abilità che nessuno purtroppo si sofferma ad insegnare loro, anche quando entrano per la prima volta in una piscina per imparare a nuotare seriamente.
È per merito di queste abilità acquisite nell’infanzia che non ho alcun timore a nuotare da solo in mare o in un lago, dove la maggior parte dei nuotatori “di vasca”, anche se ultra-veloci, ha persino paura di immergersi.
Ed è per questo motivo, nonostante mi consideri un pessimo nuotatore da un punto di vista dell’efficacia e dell’efficienza, che posso però nuotare per chilometri in acque libere senza alcuno stress e senza alcuna fatica, ciò che effettivamente serve di più a un triatleta di lunga distanza (specie se non più giovane…) per salire poi in bici e pedalare.
What next?
Se sei un istruttore di nuoto e leggi questo articolo, chiediti se stai effettivamente insegnando queste semplici abilità ai neofiti prima di affrontare gli elementi di tecnica. E soprattutto, chiediti se stai distinguendo tra chi dovrà solo nuotare efficacemente in vasca e chi dovrà invece nuotare prevalentemente in acque libere e in condizioni spesso “difficili”.
Se sei invece un triatleta principiante, fai una rapida autovalutazione e chiediti se anche dopo un buon corso di tecnica di nuoto ti senti onestamente a tuo agio in acqua, come se fossi a terra, o se hai bisogno di imparare qualche semplice gesto che ti metta in una maggiore zona di “comfort” in acqua, e che magari in certe situazioni difficili potrebbe servirti molto e potrebbe pure servirti anche per andare più sicuro e veloce in acque libere.