Avete presente quando dite a qualcuno che avete la passione per la corsa e regolarmente vi viene chiesto se avete mai fatto una maratona, come se per correre seriamente fosse necessario avere partecipato alla distanza regina…
Ecco, nel triathlon accade un po’ la stessa cosa, perché quando vi capita di raccontare che siete appassionati della “triplice”, subito ci sarà qualcuno che vi chiederà se avete mai partecipato a un IRONMAN, come se per essere triatleti “di rango” fosse necessario per forza affannarsi per raggiungere la massima distanza.
Invece, così come esistono grandi campioni nell’atletica che mai hanno corso una maratona, nel triathlon maschile e femminile ci sono fior di campioni che non hanno mai partecipato a un IRONMAN, ma che in compenso hanno un medagliere mondiale e olimpico di tutto rispetto su distanze corte o medie.
Anche nel triathlon, come nella corsa, si è fatta strada negli anni l’ossessione della lunga distanza per dimostrare che si è davvero triatleti di valore. Ma le cose non stanno affatto così, e questo atteggiamento non ha fatto altro che danneggiare per certi aspetti l’immagine del triathlon, almeno per come lo si era vissuto fino a qualche anno fa.
Ebbene, la buona notizia per certi aspetti è che, nonostante ancora molti triatleti si sentano spinti a compiere un “pellegrinaggio” verso il raggiungimento della lunga distanza per riuscire a sentire veramente che il triathlon è parte del loro DNA (salvo poi magari abbandonare tutto dopo il primo IRONMAN…), le cose nel mondo del triathlon stanno lentamente cambiando, perché sempre più triatleti optano per distanze più brevi a scapito della massima distanza.
In questo ambito, anche l’ingresso della nuova distanza sui 100 km del T100 Triathlon World Tour potrebbe contribuire ad aprire la strada verso nuovi scenari per il triathlon mondiale age group. Ma per capire meglio cosa sta succedendo, vediamo un po’ qual è la situazione.
COSA DICONO I NUMERI
Se si dà un’occhiata al panorama mondiale, diciamo che i dati dimostrano inconfutabilmente che, dopo essere cresciuto costantemente per un decennio, il numero globale di iscrizioni alle gare full IRONMAN ha raggiunto il suo picco di poco più di 85.000 nel 2016. Quando poi è iniziata la pandemia di COVID-19 nel 2020, che ha messo a dura prova il sistema organizzativo di tutte le maggiori manifestazioni sportive, le iscrizioni stavano già diminuendo, mentre anche dopo la ripartenza delle gare le iscrizioni si sono attestate nel 2023 a poco più di 47.000, praticamente quasi la metà di otto anni prima.
Dunque è evidente che, contrariamente a quanto molti pensano, negli ultimi anni il “fenomeno full IRONMAN” sembra essersi fortemente “contratto”, anche se questo non significa affatto che, più in generale, il “fenomeno triathlon” sia in calo di popolarità, anzi.
Perché, contrariamente alla distanza IRONMAN, le altre gare, compresi gli IRONMAN 70.3, stanno avendo un’impennata di popolarità.
La formula 70.3, infatti, introdotta dal brand IRONMAN nell’ormai lontano 2004, è cresciuta quasi dal nulla fino al 2010, quando il numero di gare sulla media distanza nel mondo rivaleggiava con quelle sulla full distance. Un decennio dopo, però, le iscrizioni a IM 70.3 avevano raggiunto un picco pre-pandemia di oltre 115.000. Ma la cosa più sorprendente è che, anche dopo la pandemia, gli IM 70.3 non solo si sono ripresi in termini numerici, ma hanno continuato a crescere, con più di 140.000 iscrizioni nel 2023, e un rapporto che al momento viaggia intorno a 3:1 rispetto alla distanza maggiore.
SEMPRE PIÙ 70.3 E SEMPRE MENO IRONMAN
L’analisi della situazione della disponibilità di gare del circuito IRONMAN sulle due distanze nel mondo evidenzia molto chiaramente il successo della distanza 70.3 rispetto alla distanza maggiore. IRONMAN al momento dichiara, infatti, che nel mondo saranno disponibili circa 40 eventi sulla full distance, mentre crescono esponenzialmente i 70.3: quindici anni fa erano disponibili circa 30 eventi a livello globale, ma nel 2024 i 70.3 saranno più di 110, diffusi in quasi tutti i continenti.
Negli Stati Uniti, ad esempio, sono presenti 8 gare IRONMAN e 29 su distanza 70.3. Nei mercati asiatici in via di sviluppo, gli atleti possono scegliere tra sette gare IRONMAN e diciannove 70.3.
L’Africa offre sette 70.3 e una sola gara full. Per non parlare dell’Europa, e senza considerare i numeri altrettanto simili del circuito Challenge Family.
Diciamo che una gara su distanza 70.3 è sicuramente più accessibile agli atleti, a fronte dell’impegno che richiede la preparazione di un IRONMAN, ma fa più comodo anche agli organizzatori che devono impiegare meno risorse organizzative ed economiche per gestire la manifestazione. Insomma, la media distanza sembra mettere d’accordo un po’ tutti…
UNA QUESTIONE DI COSTI?
In qualsiasi dibattito sull’attuale panorama delle gare medie e lunghe di triathlon emerge sempre il problema dei costi, sia per gli atleti che per gli organizzatori.
È indubbio che organizzare una lunga distanza costa ai leader mondiali del settore cifre estremamente più elevate rispetto a un 70.3, a fronte di numeri di partecipanti che, come si è detto, non sempre ripagano l’impegno in termini economici e umani. Per cui, se un’azienda deve investire su eventi che costano di più e rendono di meno, opta naturalmente per alternative che offrano maggiori introiti a fronte di un impegno organizzativo minore.
È vero altresì che IRONMAN è il brand capofila di questi eventi, insieme alla più “giovane” Challenge Family, e l’organizzazione impeccabile che entrambi sono in grado di garantire ovunque si svolga la gara si paga, a fronte di alternative sicuramente più economiche, ma molto spesso di ben più basso profilo organizzativo, e con qualche pecca per la sicurezza degli atleti.
Certo si tratta sempre di cifre piuttosto consistenti, che si aggiungono a quelle destinate alle trasferte e soprattutto alle attrezzature tecniche, che possono raggiungere livelli davvero consistenti.
Però, una recente indagine di una rivista specializzata americana ha rilevato che l’aspetto economico non sembra essere l’elemento fondamentale nel determinare la scelta tra una gara su lunga o media distanza. E anch’io sono di questo parere…
LE DUE GARE IN TERMINI DI…TEMPI
Un interessante aspetto che va di pari passo con il fenomeno della partecipazione è quello dei tempi medi impiegati dagli atleti nelle due distanze, che in qualche modo fotografa piuttosto bene il fenomeno della notevole partecipazione ai due tipi di eventi, non sempre altrettanto qualificata in termini prestazionali.
Se si dà un’occhiata ai tempi medi impiegati dagli age group nella distanza IRONMAN dal 2005 ad oggi, diciamo infatti che anziché calare, a fronte del crescere della tecnologia disponibile, oggi sono mediamente aumentati di circa 10 minuti rispetto a 20 anni fa: da 12 ore e 30 minuti a 12 ore e 40 minuti.
Un motivo in più per credere che la famosa “ossessione IRONMAN” sia un fenomeno effettivamente concreto, e che la distanza regina sia in qualche modo vissuta come un obiettivo tutto sommato raggiungibile da una più ampia platea di atleti rispetto al passato, attirando un numero sempre maggiore di neofiti o di atleti non sufficientemente esperti o adeguatamente formati per ottenere risultati apprezzabili.
In questo senso andrebbe anche il successo dei così detti percorsi “facili”, come ad esempio IM Arizona, Florida, Amburgo, Italia, a fronte della difficoltà di raccogliere iscrizioni per i percorsi più difficili.
Se si dà poi un’occhiata alle prestazioni sulla distanza 70.3 le cose non cambiano, perché anche in questo caso i tempi medi di percorrenza degli age group sono aumentati di circa 10 minuti in 20 anni, anziché calare: da 5 ore e 50 minuti a 6 ore e 2 minuti.
Si tratta comunque di numeri “sporchi” e non filtrati, perché non si dimentichi che negli ultimi anni è aumentata, e in modo assolutamente esponenziale, la platea di atleti over ’50 rispetto al passato, e questo potrebbe spiegare almeno in parte l’aumento dei tempi medi su entrambe le distanze. Una cosa è comunque certa, e dimostrata dai numeri: non si può essere atleti IRONMAN “occasionali” o improvvisati.
Per una prestazione di rilievo sulla lunga distanza occorre infatti un impegno notevole, non sempre alla portata di tutti. Negli sport come il calcio o il tennis le persone si allenano per qualche ora alla settimana e poi gareggiano nel week end. Nel triathlon non è così semplice, soprattutto nelle distanze medie e lunghe.
È anche per questo che molti, ossessionati dall’idea di superare se stessi raggiungendo la finish line di un IRONMAN, una volta tagliato il traguardo sono talmente nauseati dalla fatica fatta per arrivarci che abbandonano la disciplina. E questo non fa bene al triathlon.
È per questo che chi allena deve far capire agli atleti che non esiste solo l’IRONMAN nel triathlon, ma che per divertirsi e fare risultati a volte è necessario ritagliarsi uno spazio laddove è possibile raggiungere un obiettivo senza sacrificare se stessi e la propria vita sociale e familiare.
LA NOVITÀ PTO T100
Le 8 attuali fantastiche location del T100 Triathlon World Tour, che consentono di gareggiare su una distanza totale di 100 km insieme a un selezionato numero di 20 tra le maggiori stelle del triathlon mondiale del circuito PTO (Professional Triathletes Organization), contribuiranno probabilmente a dare un’altra spallata ai numeri già in calo delle gare su lunga distanza del circuito IRONMAN e Challenge Family.
Man mano che la PTO espande la sua offerta per gli age group sulla nuova distanza di 100 km, alcuni atleti potrebbero infatti migrare verso un “formato” più breve, che richiede meno tempo di allenamento e di recupero rispetto a un fullIRONMAN e anche rispetto a un 70.3.
T100 è un modello di gara del tutto inedito, quanto estremamente sfidante: 100 km totali distribuiti tra 2 km di nuoto, 80 km di bici e 18 km di corsa. Una combinazione perfetta che richiede forza, velocità, resistenza e strategia.
Personalmente credo molto nel futuro successo di questo particolare format di gare, che consente a una più ampia platea di atleti di misurarsi su una distanza media, relativamente accessibile, con la quale è possibile ottenere grandi risultati senza per forza sacrificare la propria vita sociale per preparare un full IRONMAN.
Gli sforzi della Professional Triathletes Organization per commercializzare la distanza di 100 chilometri della PTO T100 non solo tra i professionisti, ma anche tra gli age group potrebbero anche progressivamente allontanare gli atleti dall’ossessione del “marchio” IRONMAN, che finora, in modo del tutto distorto e univoco, ha identificato le gare su media e lunga distanza.
In quest’ottica, con l’accattivante hashtag #redefining triathlon, PTO sta portando avanti un grande lavoro in termini di immagine per diffondere questo tipo di gare. Recentemente ha anche capillarmente diffuso un questionario a migliaia di atleti e coach per capire meglio cosa pensano del nuovo format e quali prospettive potrebbe avere questo tipo di gare. Un coinvolgimento diretto dei diretti protagonisti che fa piacere e che fa ben sperare in prospettiva di nuove gare, anche geograficamente più accessibili, e con costi concorrenziali rispetto a quelli attuali.