Con il Giro d’Italia e le straordinarie imprese di Tadej Pogacar, si è ricominciato a dibattere sulla lunghezza delle pedivelle delle bici.
Si, perché il campione sloveno, così come tanti altri atleti e triatleti di spicco nelle ultime stagioni, ha scelto di accorciare progressivamente la lunghezza delle pedivelle della propria bici fino agli attuali 165 mm, seguendo canoni che peraltro vengono suggeriti e raccomandati ormai da decenni dalla letteratura scientifica. E questo ha riaperto il dibattito alla grande…
I RAZIONALI IN SINTESI
In realtà una lunghezza delle pedivelle minore rispetto a quella che viene suggerita normalmente sulle bici in base alle misure standard di bici e atleti, permette effettivamente di ottenere dei miglioramenti di diversi aspetti del proprio assetto biomeccanico, soprattutto se si tratta di bici da crono.
In particolare, consente di ridurre il carico articolare su anca e ginocchio, di aprire l’angolo dell’anca migliorando la respirazione e riducendo la pressione sui visceri, permettendo così anche una migliore gestione di idratazione e alimentazione, nel mentre migliora la perfusione agli arti inferiori riducendo la compressione dell’arteria iliaca. Il tutto senza compromettere nel modo più assoluto lo sviluppo della potenza, anzi…
Tutto bene allora…?
Proviamo a scendere nei particolari per capire quanto effettivamente alcuni aspetti relativi a questa modifica potrebbero o meno giovare a molti atleti, e non necessariamente solo a quelli più efficaci ed efficienti.
Immagino di non rivelare una novità, se dico che nel set up ideale della bici concorrono una serie di fattori e punti di contatto che dovrebbero promuovere al meglio comfort, potenza e aerodinamica.
In merito, giova forse ricordare che la VELOCITÀ sviluppata in bici è data dalla somma ottimale di COMFORT+POTENZA+AERODINAMICA. E questo aspetto si enfatizza ovviamente quando si tratta di gestire l’assetto biomeccanico di una bici da crono.
Il comfort è definito dalla capacità di sostenere una posizione ottimale senza affaticamento.
La potenza è generata semplicemente dalla capacità di applicare forza ai pedali nel modo più efficace possibile.
L’aerodinamica invece si ottiene ottimizzando la superficie di impatto anteriore della bici e dell’atleta per ridurre al minimo le forze resistive.
In questi contesti, la lunghezza delle pedivelle sembra giocare un ruolo non di poco conto…
COSA DICE LA LETTERATURA SCIENTIFICA
Vi siete mai chiesti da dove originano quelli che tutti consideriamo gli “standard” per scegliere la lunghezza delle pedivelle? Ebbene, non originano da nessuna parte, perché di fatto non ci sono “standard” scientificamente provati, ma solo “tradizione” tramandata…!
Viceversa, esiste una sterminata letteratura scientifica che data da decenni in merito alla scarsa logica di scegliere pedivelle teoricamente “standard”, ma in realtà troppo lunghe per l’atleta, per di più senza alcun vantaggio biomeccanico e in termini di efficacia di spinta.
Due esempi tra i tanti: in un lavoro pubblicato nell’ormai lontano 2001 sull’European Journal of Applied Physiology, gli Autori dimostrano che non c’è alcuna differenza di potenza tra l’utilizzo di pedivelle tra 145 e 195 mm, ma in compenso con le pedivelle più corte c’è un minore consumo di ossigeno. L’anno successivo, in un altro lavoro apparso sulla stessa Rivista, altri Autori hanno valutato l’efficienza di 9 atleti che utilizzavano pedivelle di lunghezza pari a 145, 170 e 195 mm, facendoli pedalare a 40, 60, 80 e 100 giri pedale/min, con un’intensità di 30, 60, e 90% della loro soglia del lattato. I risultati hanno mostrato che il consumo di ossigeno, e dunque il costo metabolico, aumentava all’aumentare della velocità del pedale, il quale a sua volta aumenta all’aumentare della lunghezza della pedivella. In questo contesto, la velocità del pedale (non la cadenza!) rappresenta un importante marker per misurare la velocità di accorciamento muscolare e con essa la “spesa metabolica”, che aumenta (guarda caso…) all’aumentare della lunghezza della pedivella.
IN PRATICA…
Se anche lasciamo da parte gli aspetti più tecnici, peraltro sostenuti dai dati di fisiologia del movimento e metabolici, diciamo comunque che anche nell’atleta non professionista ridurre la lunghezza delle pedivelle può rappresentare un importante fattore per migliorare il risultato di alcuni aspetti di set up già citati, e più in particolare: comfort, potenza e aerodinamica.
I più recenti studi di biomeccanica hanno tra l’altro dimostrato che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, altezza e lunghezza degli arti hanno un’incidenza minima (se non nulla) nella scelta delle pedivelle e che passare a misure più corte porta, in linea generale, più vantaggi che svantaggi.
Aumento del comfort
Una lunghezza delle pedivelle più corta riduce il range del movimento del ginocchio (estensione e flessione), dei fianchi e della zona lombare, aumentando così il comfort in sella.
Miglioramento della potenza
La sola riduzione della lunghezza delle pedivelle non farà certamente esprimere livelli di potenza straordinari per i “comuni mortali” rispetto al precedente assetto, ma contribuirà a migliorare l’efficienza e l’efficacia della pedalata, e con esse la potenza erogata, per una maggiore apertura dell’angolo dell’anca e una minore flessione del ginocchio, oltre a contribuire ad un aumento della cadenza.
Miglioramento dell’aerodinamica
Pedivelle più corte permettono una posizione in bici con un’angolazione della schiena che riduce la superficie frontale, migliorando così l’aerodinamica, soprattutto nelle bici da crono.
DA NON DIMENTICARE…
Oltre a questi rilevanti aspetti “dinamici”, non sono comunque da trascurare altri aspetti positivi, legati a un migliore sfruttamento della fisiologia articolare, con un più ridotto carico su anca e ginocchio, un miglioramento della respirazione e della contrazione del diaframma, oltre a un più ridotta pressione sui visceri addominali e un miglioramento della perfusione degli arti inferiori riferito in particolare a una riduzione della compressione sull’arteria iliaca, soprattutto in posizione crono.