Nel mondo dei runner si sente spesso parlare di interval training, ripetute, fartlek, tempo run…
C’è chi sostiene la superiorità di una tipologia di allenamento rispetto a un altro, ma non molti sanno distinguere precisamente di cosa stanno parlando e quando utilizzare un sistema o un altro in relazione al tipo di gara che intendono affrontare.
Vediamo di capirne qualcosa di più…
Diciamo subito che quando si parla di interval training non si intende trattare di un allenamento specifico, ma di tipi diversi di allenamento a “intervalli”, appunto.
L’interval training, letteralmente “allenamento intervallato” o “a intervalli”, è infatti un metodo o sistema di condizionamento basato sull’alternanza di serie e ripetizioni con intensità variabile (bassa, media o alta), a periodi di riposo o recupero (attivo o passivo).
Si tratta in pratica di una tecnica di allenamento in cui si alternano esercizi ad alta e a bassa intensità: la frequenza cardiaca aumenta nella prima fase, quando lo sforzo è massimo, per poi rallentare nella seconda, tramite recuperi attivi (diminuendo l’intensità) o passivi (sospendendo ogni attività per riprendere fiato).
Si tratta, di norma, di allenamenti intensi e di breve durata, sia nelle fasi più veloci (che altrimenti non sarebbero sostenibili) sia nei recuperi, durante i quali, comunque, la frequenza cardiaca non dovrebbe ridursi troppo.
L’interval training si può adattare sia alle attività aerobiche che a quelle anaerobiche. Questo significa che, oltre che nella corsa, lo si può utilizzare in palestra con pesi e attrezzi, ma anche nuotando o pedalando, durante cioè l’attività aerobica e cardio.
L’interval training allena muscoli e sistema cardiovascolare ad attività intense in un breve lasso di tempo e questo aiuta a migliorare la resistenza, cioè la capacità aerobica, e la velocità, aumentando cioè anche la soglia anaerobica e il VO2max. Non solo. L’allenamento ad alta intensità accelera il metabolismo, sia durante l’attività sia nelle ore successive e quindi è utile per chi desidera bruciare i grassi e perdere qualche chilo di troppo.
Nella corsa, l’interval training è rappresentato da tutti quegli esercizi che comportano una variazione di ritmo, come ad esempio il fartlek, o la tempo run…
Però attenzione, perché tutti questi esercizi non sono adatti a tutti e devono essere previsti in un preciso piano di allenamento, meglio se seguito da un coach esperto.
Prima di tutto è bene avvicinarsi a questo tipo di allenamento solo quando si ha una buona base aerobica e di resistenza, quando cioè si corre agevolmente per 10 km oppure un’ora consecutiva. E anche quand’è così, non è detto che questo tipo di esercizio sia opportuno e adeguato alla preparazione atletica di chiunque.
Ciò premesso, sicuramente questo tipo di esercizi produce enormi benefici sia a livello muscolare (perché le variazioni di ritmo aumentano il metabolismo anaerobico), sia a livello cardiaco, perché il cuore si allenerà, poco alla volta, a gestire una maggiore frequenza cardiaca.
Inoltre, aiuterà a migliorare il consumo di ossigeno e la gestione dell’accumulo di acido lattico. Insomma, sarà possibile andare più veloci, con meno fatica e su distanze più lunghe.
FARTLEK
Il “fartlek” è un interval training che ha origine in Svezia nella prima metà del secolo scorso. Il termine fartlek, infatti, è in lingua svedese e può essere tradotto come gioco di velocità.
Il suo inventore, Gösta Holmer, ha avuto infatti l’intuizione di inserire nella noia delle ripetute un aspetto importante di divertimento: la casualità.
La differenza sostanziale rispetto alle altre tipologie di allenamento simili è proprio la casualità con cui eseguire i cambi di ritmo, anche sfruttando la morfologia del terreno, le salite e le discese. In questo modo l’atleta mette sotto sforzo alternativamente sia il sistema aerobico che quello anaerobico, seguendo lo stesso principio dell’allenamento ad intervalli.
Dopo la classica fase di riscaldamento, si possono effettuare delle ripetizioni veloci per un breve periodo di tempo (prendendo ad esempio come riferimento un albero in un parco) seguite da una corsa lenta di recupero.
Il fartlek punta però sulla varietà – senza vincoli di tempo o distanza – in cui il runner deve solo fare attenzione a non eccedere con la frequenza cardiaca, che di solito si situa in Z2/Z3, compresa tra il 60 e l’80% rispetto la FC massima.
Come le ripetute, in pratica si tratta di un interval training in cui si alternano una sezione di corsa ad alta intensità e una, sempre di corsa, a intensità più bassa. Il runner, quindi, non si ferma mai ed esegue un riposo attivo. I cambi di intensità sono casuali e non seguono le logiche di velocità o distanza. Solitamente viene definito un range, un’indicazione, di come comportarsi con i cambi di ritmo e/o in quali zone cardiache eseguire il workout, ma il runner è libero di alternare uno sforzo ad alta intensità ad una corsa lenta, o a una corsa in salita, e così via.
E’ chiaro quindi che, oltre ai benefici al sistema cardiovascolare, il fartlek permette all’atleta di eseguire un allenamento fuori dagli schemi rigidi ed estremamente precisi, spesso noiosi e alienanti, che richiedono le altre tecniche di interval training, prime fra tutte le “ripetute”.
Allenarsi con costanza infatti è un esercizio difficile. Trovare le motivazioni per uscire alle 6 di mattina, quando fa freddo, piove, è ghiacciato per terra non è facile. Se poi l’atleta è costretto a un allenamento basato sulle ripetute, probabilmente prima o poi rinuncia. La libertà e la flessibilità che concede invece il fartlek può diventare viceversa un’importante valvola motivazionale e giocare un ruolo importante nel ristabilire un equilibrio psicologico nel rapporto con la disciplina della corsa che, a lungo andare, per qualcuno può risultare ripetitiva e noiosa.
La struttura divertente del fartlek, che io uso spesso negli allenamenti dei miei atleti, è così in grado di migliorare non solo la resistenza fisica, ma di migliorare al tempo stesso anche la forza mentale e la concentrazione.
RIPETUTE
Le ripetute sono un interval training caratterizzato da un allenamento di intervallo temporale breve con uno sforzo intenso, che consiste nell’alternare una sezione di corsa ad una velocità precisa e costante ad una di riposo passivo, in cui l’atleta può rallentare, ma anche camminare o addirittura fermarsi. Il recupero è parte importante del workout tanto quanto la componente di sforzo massimale, soprattutto negli atleti meno esperti.
Si tratta di un allenamento molto impattante fisicamente e psicologicamente, che va eseguito solo dopo un adeguato riscaldamento, e solo in runner con una base atletica consolidata. Le ripetute sollecitano infatti le fibre veloci della muscolatura e senza un riscaldamento adeguato c’è il rischio di andare incontro a stiramenti o strappi muscolari.
Come tutte le medicine amare, le ripetute sono però utilissime, in particolare se si intende aumentare in modo consistente la velocità in gara. Si tratta perciò di un allenamento assolutamente imprescindibile per l’atleta evoluto che intende migliorare la sua performance, ma molto meno importante per un atleta amatore con prestazioni di corsa mediocri, in quanto l’incremento in termini di tempo ottenibili con un allenamento di questo tipo svolto correttamente per almeno sei mesi è stimabile nell’ordine di non più di 5-7 secondi a chilometro, non certo rilevanti in un atleta master, ma molto di più in professionisti che possono giocarsi una maratona nell’ordine di qualche decina di secondi.
Di tabelle per le ripetute ne esistono tantissime, con le distanze, i tempi, il numero di ripetizioni e i recuperi, che variano anche moltissimo tra loro in base all’obiettivo che si intende raggiungere e il tipo di gara da preparare.
Per creare una tabella di ripetute è molto importante avere in mente gli obiettivi che si vogliono raggiungere, in modo da decidere l’intensità della fase di corsa e la durata del recupero tra una ripetuta e l’altra. Ovviamente maggiore sarà la velocità nell’intervallo di corsa, più sarà necessario recuperare.
Per le ripetute veloci si può andare da una distanza di 100 metri fino agli 800 metri per quelle più lunghe e di resistenza. In particolare, per i principianti non è consigliabile fare più di 6 ripetizioni.
Sui 100 la velocità da mantenere potrebbe essere tra il 15 e il 20% più veloce rispetto alla propria velocità normale sui 10 km. Per le ripetute veloci più lunghe, come i 500 e gli 800 metri, l’intensità sarà tra il 5 e il 7 % più veloce rispetto alla propria velocità standard.
Nelle ripetute medie la distanza di corsa va dai 1000 ai 3000 metri, una distanza notevole nelle quali non si potranno mantenere i ritmi delle ripetute veloci.
Per queste ripetute l’intensità va da un 4% per i 1000 metri fino a un 2-3% per i 3000 metri.
TEMPO RUN
Le tempo run, definite anche “allenamento in soglia anaerobica”, nella concezione più classica rappresentano una tipologia di corsa a tempo della durata di circa 20 minuti all’interno di un workout. Lo sforzo deve essere costante e intenso, ma non al livello sopra la soglia del lattato tipico delle ripetute brevi.
Le tempo run sono suddivise in una fase di riscaldamento, un parte relativamente veloce, a cui segue una fase alla propria soglia anaerobica, o leggermente al di sopra, quando il fisico brucia più glicogeno per produrre energia.
Le tempo run permettono di correre più velocemente a livelli di sforzo minore, in quanto sono allenamenti che prevedono un aumento del lattato (acido lattico). Sono quindi una tipologia di corsa ideale in vista di una gara.
Si tratta di un tipo di allenamento praticamente sconosciuto a chi corre per il solo piacere di farlo ma ben noto a chi prepara maratone o corse di lunga distanza, perché è un allenamento di corsa a ritmo elevato, diciamo medio veloce, che serve ad abituarsi a correre a ritmo sostenuto per lunghe distanze, migliorando il metabolismo energetico, cioè il modo in cui si consumano le energie. In pratica serve a ritardare il momento in cui, durante una corsa, si comincia a sentire la fatica, o per dirla in termini più tecnici a innalzare la soglia anaerobica.
La logica delle tempo run non è diversa da quello delle ripetute, ma rispetto a queste si allungano le distanze (o si dilatano i tempi). In pratica: supponiamo di allenare una 10 km veloce. Una tempo run da inserire 1 volta a settimana potrebbe consistere in 4 km iniziali a un ritmo di 10 o 15 secondi più lento del nostro miglior tempo sui 10 km, e poi 2 volte i 3.000 metri a un ritmo di 5 secondi più veloce sempre rispetto a quello sui 10 km, con in mezzo 1 km di recupero di corsa blanda. Il totale fa 11 km, di cui 1 di corsa di recupero, 4 a ritmo lento, e 6, spezzati in 2, a ritmo più veloce di quello sui 10 km.
Se non c’è modo di calcolare le distanze (cosa che si può fare agevolmente in pista ma più difficile da fare in strada) si può utilizzare il cardiofrequenzimetro: se l’allenamento in soglia è intorno al 75% della propria frequenza cardiaca massima, i primi 4 km si fanno al 65% e le due ripetute da 3Km ciascuna all’85%.
Per quei pochissimi che non possiedono un cardio c’è anche il metodo empirico: i primi 4 km si corrono a un ritmo per cui si riesce a parlare senza fiatone, le due tranche da 3 km invece a un ritmo a cui non si riesce a sostenere un dialogo.
Non è un metodo scientifico, ma funziona.