Quello della supplementazione con aminoacidi è un argomento molto dibattuto nel mondo dello sport in genere. Gli aminoacidi sono l’unità strutturale primaria delle proteine, praticamente i “piccoli mattoni” che, uniti da un legame peptidico, formano una lunga sequenza che dà origine ad una proteina.
Com’è noto, l’atleta di resistenza, oltre a curare l’allenamento specifico, dovrebbe cercare di introdurre almeno 1,2 – 1,4 g/kg/die di proteine (mediamente 0,4 g/kg di peso corporeo per pasto), rispetto agli 0,7-0,8 g/kg/die dei soggetti sedentari, fino a raggiungere livelli di 1,8-2,0 g/kg/die. Negli atleti master, inoltre, è necessario assicurare un corretto apporto proteico per contrastare la così detta sarcopenía, cioè la progressiva perdita di massa muscolare che si determina con l’avanzare dell’età, che porta con sé la perdita progressiva della forza.
In questo caso, e in tutti gli atleti di sport di endurance, il fabbisogno proteico è legato infatti strettamente alla ricostituzione delle proteine funzionali che vengono demolite dai processi meccanici e metabolici indotti dallo sforzo fisico. Un corretto bilancio tra catabolismo e anabolismo proteico non solo garantisce tempi di recupero più brevi, ma aiuta a prevenire alcuni infortuni, favorendo al tempo stesso l’aumento di massa magra.
Quando mangiamo un alimento, le proteine contenute vengono digerite da enzimi del tratto gastrointestinale andando a formare singoli aminoacidi che vengono poi assorbiti lungo il transito intestinale. Molti aminoacidi sono appunto il prodotto della digestione delle proteine assunte con l’alimentazione, costituite da 20 aminoacidi. Di questi, 9 sono detti essenziali (EAA) perché non si è in grado di sintetizzarli e devono quindi essere introdotti con l’alimentazione. Generalmente, gli aminoacidi ingeriti sono usati per scopi energetici, plastici o strutturali (costruzione di massa muscolare, ad esempio) e funzionale (produzione di ormoni, anticorpi ecc.).
Fra gli EAA, destano grande interesse i tre aminoacidi ramificati (BCAA), ovvero leucina, isoleucina e valina. Sono detti ramificati perché la loro struttura biochimica forma delle ramificazioni. Presenti in molti alimenti di origine animale (carne, uova, latticini) o vegetale (soia, quinoa, grano saraceno), sono detti “essenziali”, per distinguerli dai “non essenziali”, in quanto non sono prodotti dall’organismo, e perciò devono essere introdotti con la dieta.
Questi aminoacidi, una volta ingeriti, hanno il vantaggio di non essere captati e metabolizzati, come gli altri, dal fegato, e di venire cosí “catturati” in modo diretto principalmente dal muscolo, dove rappresentano circa il 35% di tutti gli aminoacidi. Esercitano importanti funzioni fisiologiche, influenzando il metabolismo glucidico, l’attività neuronale e stimolando la sintesi di proteine a livello della cellula muscolare. In particolare, è soprattutto la leucina che stimola questo processo anabolico (di crescita muscolare).
Tutti gli aminoacidi, come si è detto, hanno una funzione “plastica”, costituendo gli elementi fondamentali della sintesi proteica e del rinnovamento cellulare. In più, i BCAA possiedono anche un’azione anti-catabolica che favorisce l’adattamento muscolare agli stimoli allenanti. Rappresentano, perciò, un tassello fondamentale non solo per garantire e ottimizzare la sintesi proteica post-attività, se usati entro 30 minuti dopo aver terminato lo sforzo, ma anche per ridurre il catabolismo durante uno sforzo intenso, riducendo così la fatica, se usati nei 30 minuti che precedono l’inizio della prestazione. Il valore degli aminoacidi con funzione anti-catabolica nella dieta di chi pratica sport di endurance è, inoltre, fondamentale perché preservano le difese immunitarie, contrastano la produzione di acido lattico, e spostano la soglia di affaticamento mentale verso una maggiore resistenza.
Nel contesto delle funzioni del muscolo scheletrico, dunque, i BCAA sono assolutamente fondamentali. Si tratta infatti, come si è detto, di aminoacidi che non richiedono acidità gastrica per essere assorbiti, e che hanno dimostrato di aumentare significativamente nel sangue in non più di 30 minuti, costituendo perciò un ottimo modo per aumentare rapidamente gli aminoacidi nel sangue affinché i muscoli possano utilizzarli in modo efficiente facilitando il recupero e riducendo il catabolismo durante lo sforzo, se assunti prima di esso.
Gli aminoacidi essenziali (EAA), ovvero leucina, isoleucina, valina, lisina, metionina, fenilalanina, treonina, triptofano e, più in particolare, i tre aminoacidi ramificati (BCAA) che ne fanno parte, cioè isoleucina, leucina e valina, costituiscono perciò l’integrazione ideale come stimolo della sintesi proteica, riducendo la degradazione muscolare e migliorando la risposta all’infiammazione post-esercizio, tenendo in considerazione che gli effetti dello stress ossidativo sono tanto maggiori quanto più aumenta l’età anagrafica.
Dei tre BCAA, la valina è essenziale per la stimolazione della crescita e della rigenerazione muscolare, e dunque particolarmente adatta a favorire la fase di recupero che segue attività ad elevata intensità come il triathlon.
La leucina, come la valina, è fondamentale per stimolare la sintesi proteica e la riparazione muscolare, riducendo anche il catabolismo durante lo sforzo fisico intenso. La sua azione è ulteriormente favorita e implementata dalla presenza degli altri “tasselli” della sintesi proteica rappresentati dagli EAA.
Infine, l’isoleucina, oltre alla sua attività plastica, è coinvolta anche nella regolazione energetica.
RAPPORTO TRA CLAIMS E ATTIVITÀ
Negli anni sono stati proposti diversi claims per gli integratori a base di BCAA, non sempre sostenuti da accreditate evidenze scientifiche. Tra gli altri, in particolare, la capacità di aumentare la massa muscolare, di migliorare le funzioni cognitive e di contribuire all’ottimizzazione della fase di recupero dopo un esercizio fisico intenso.
Recentemente, un bel lavoro pubblicato sulla rivista Journal of Nutritional Health & Food Engineering ha analizzato criticamente la “storia” dei BCAA, focalizzando l’attenzione su quella che costituisce la loro vera indicazione, ovvero il recupero e la riduzione del senso di fatica. Su questi due aspetti, anche altri Autori hanno pubblicato importanti contributi. Tra questi, mi piace citare un interessante articolo, anche se non recente, pubblicato nel 2013 sul Journal of Exercise Nutrition & Biochemistry, nel quale si dimostra, anche mediante la rilevazione di specifici indici biochimici, come l’integrazione con BCAA sia in grado di ridurre il danno muscolare associato all’esercizio di resistenza.
Non ci sono invece lavori scientifici autorevoli che attestino la capacità dei BCAA di aumentare la massa muscolare, aspetto estremamente enfatizzato, invece, soprattutto nel mondo dei body builder. I meccanismi metabolici che portano ad una crescita muscolare sono infatti troppo complessi perché possano essere influenzati in modo significativo dal solo utilizzo dei BCAA. Affinché si realizzi un aumento della massa muscolare è necessario infatti che la sintesi delle proteine muscolari sia maggiore rispetto alla degradazione (concretizzando così uno stato anabolico). Se da un lato la letteratura conferma la capacità dei BCAA, ed in particolar modo della leucina, di stimolare la sintesi proteica muscolare (MPS), ad oggi non vi è ancora dimostrazione che i BCAA siano in grado effettivamente di aumentare la massa muscolare (ipertrofia). Affinché la sintesi proteica possa essere efficiente è infatti necessario che siano presenti non solo i BCAA, ma tutti gli aminoacidi, compresi quelli essenziali. Viceversa, verrebbero a mancare gli altri “mattoncini essenziali” che devono essere contestualmente introdotti con la dieta per sintetizzare nuove proteine e accrescere in tal modo la massa muscolare.
Ma i BCAA non sono stati solo proposti a scopi ipertrofici, ma anche per ridurre il danno muscolare, meccanismo a favore del quale viceversa sussistono evidenze forti e dimostrate. Alcuni anni fa, sono stati pubblicati alcuni studi che hanno confermato che una supplementazione di BCAA è in grado di ridurre l’indolenzimento a seguito dell’esercizio fisico, sebbene non ci siano vantaggi di tipo funzionale per il muscolo.
L’importanza dei BCAA nell’attenuazione del danno muscolare e delle risposte infiammatorie all’esercizio di resistenza è molto chiaro in letteratura. Il già citato lavoro apparso nel 2013 sul Journal of Exercise Nutrition & Biochemistry ne è la dimostrazione, perché vi si evidenzia, come in altri contributi scientifici, che i BCAA sono in grado di ridurre gli aumenti dell’enzima Creatina Chinasi (CK) e la percezione di indolenzimento muscolare in risposta all’esercizio acuto e di resistenza, indipendentemente dai diversi protocolli di danno utilizzatisperimentalmente.
Strettamente correlato al recupero è anche l’attività di contrasto dei BCAA nei confronti dell’esaurimento delle riserve di glicogeno. Il glicogeno è la riserva muscolare di glucosio, il carburante preferito dalle cellule muscolari. Con il progressivo esaurirsi del glicogeno muscolare che avviene durante un’attività prolungata, tipica degli sport di endurance, nel muscolo si attiva un enzima coinvolto nell’ossidazione dei BCAA a scopi energetici. Il muscolo, cioè, si “accontenta” di utilizzare una fonte energetica alternativa per produrre glucosio, il “carburante” preferito, attraverso una diversa via metabolica, la gluconeogenesi, deputata a produrre glucosio a livello soprattutto epatico, a partire da altre sostanze.
Un altro ambito di impiego dei BCAA nel settore sportivo è finalizzato alla riduzione della fatica percepita dall’atleta. Elevati livelli di serotonina a livello cerebrale sono associati alla percezione della “fatica centrale”, principale responsabile del calo di motivazione quando lo sforzo è molto prolungato. A scoprirlo è stato un gruppo di ricercatori dell’Università di Copenaghen e dell’Università di Oxford, che hanno descritto il fenomeno e i suoi meccanismi in un articolo pubblicato alcuni anni fa sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences.
La sensazione di fatica e il calo di potenza muscolare che accompagnano uno sforzo fisico di lunga durata non sono dovuti infatti solo al progressivo esaurimento delle scorte di glicogeno, ma anche a un fenomeno indicato con il nome di “fatica centrale”, che coinvolge il sistema nervoso centrale.
Il meccanismo è piuttosto “semplice” nella sua complessità: il precursore a livello centrale della serotonina è il triptofano, aminoacido la cui presenza in circolo aumenta durante l’esercizio fisico prolungato. L’aumento del triptofano aumenta la quantità di serotonina prodotta a livello cerebrale, che a sua volta stimola i neuroni motori, i quali – sensibili alla serotonina – rispondono con maggiore efficienza. Tuttavia, come è dimostrato nello studio citato, quando la produzione di serotonina diventa particolarmente elevata, una quota sempre più consistente del neurotrasmettitore non viene intercettata dai recettori sulle sinapsi dei neuroni motori, ma si diffonde fino a raggiungere il segmento iniziale dell’assone, dove si lega ad altri recettori che hanno un’azione inibitoria sulla generazione di potenziali d’azione. In questo modo, gli impulsi che raggiungono le innervazioni muscolari diventano meno frequenti e meno efficaci producendo l’aumento progressivo della fatica. Ciò che lega questo meccanismo ai BCAA è che essi competono a livello “centrale” con i medesimi trasportatori del triptofano. In questo modo, se sono presenti adeguate quantità di BCAA in circolo, essi sono in grado di ridurre l’apporto di triptofano al cervello, riducendo così l’iperproduzione di serotonina.
MODALITÀ DI ASSUNZIONE DEI BCAA
I BCAA sono detti aminoacidi “essenziali”, per distinguerli dai “non essenziali”, in quanto non sono prodotti dall’organismo, e devono perciò essere introdotti con la dieta. BCAA sono presenti in molti alimenti di origine animale (carne, uova, latticini) o vegetale (soia, quinoa, grano saraceno), ma il limite dell’introduzione con la sola dieta è legato al fatto che la normale alimentazione comporta l’assunzione, insieme ai principi desiderati, di una serie di sostanze “controproducenti” per l’equilibrio metabolico dell’atleta.
Per esempio, incamerare con l’alimentazione la quota giornaliera di BCAA, significa dover mangiare almeno 400 gr. di carne bovina con un surplus di 60 gr. di aminoacidi non ramificati e, soprattutto, per quanto magro possa essere l’alimento, con qualche decina di grammi di grassi saturi e alcune centinaia di kCal, come dimostra lo schema seguente.
Anche l’assunzione di integratori proteici consente l’introduzione di una discreta quota di BCAA, ma sempre a scapito di un apporto calorico non indifferente, come dimostra la seguente figura.
Quanto alle dosi di utilizzo degli integratori di BCAA, il Ministero della Salute raccomanda un apporto giornaliero massimo di 5 grammi/die, intesi come somma di leucina, isoleucina e valina, che è anche l’indicazione riportata in tutti i prodotti disponibili sul mercato. Ciò premesso, si sa che in realtà, come in altri casi, le dosi assunte dagli atleti normalmente superano, e non di poco, le indicazioni ministeriali, con un dosaggio generalmente pari a 1 g di BCAA ogni 10 kg di peso corporeo, che può raggiungere anche i 2 g/10 kg di peso corporeo. La differenza è dovuta essenzialmente a come viene calcolato il fabbisogno rapportato alla massa magra dell’atleta.
Il dosaggio di 1 g/10Kg p.c. infatti, è determinato in funzione di una composizione corporea normale (definita attraverso un’analisi bicompartimentale: massa magra e massa grassa, considerando quest’ultima in concentrazione normale (es. soggetto maschile circa 15% del peso, e comunque non superiore al 20%). Se si considera, invece, il dosaggio in funzione di un’analisi più precisa della massa muscolare, le cose cambiano: un atleta, ad esempio, di 70 Kg con una composizione corporea normale, ad un’analisi impedenziometrica può evidenziare circa 35 Kg di massa muscolare. In questo caso, anziché utilizzare un dosaggio di 1g/10 Kg di peso corporeo, potrebbe essere più corretto dosare il quantitativo per Kg di massa muscolare, arrivando cioè fino a 2g/10 Kg m.m. Dall’esempio si evince, perciò, come a parità di peso corporeo e di massa magra globale, l’apporto può essere significativamente diverso, se il parametro utilizzato per il dosaggio è la massa muscolare.
Un altro aspetto dell’integrazione con BCAA è costituito dalle diverse formulazioni reperibili sul mercato e dal loro diverso utilizzo nella pratica di endurance. Esistono, infatti, non solo integratori di BCAA che contengono un diverso apporto in vitamine del gruppo B ma, soprattutto, un diverso rapporto tra i tre aminoacidi. Ad esempio:
- BCAA 2:1:1, ossia aminoacidi ramificati con rapporti di leucina doppi rispetto alla isoleucina e alla valina;
- BCAA 4:1:1, con rapporti quadrupli per la leucina;
- BCAA 8:1:1, con quantità di leucina 8 volte superiori a quelle di isoleucina e valina.
Le ragioni per cui vengono prodotti degli integratori con maggiori concentrazioni di leucina sono da ricercarsi nel fatto che la leucina risulta essere particolarmente utile nelle discipline ad alta intensità fisica, e nel migliorare il recupero muscolare post-workout. Non esiste un rapporto BCAA migliore di un altro in senso assoluto, ma l’utilizzo di un diverso rapporto tra i tre aminoacidi dipende dall’obiettivo atletico e dalle modalità di assunzione.
- Se si utilizzano i BCAA pre-workout allora conviene un rapporto 2:1:1, perché ciò che occorre in questo caso è l’energia, e non hanno senso alte dosi di leucina, utilissima invece per il recupero post-workout.
- Se invece l’interesse è rappresentato principalmente dal recupero post-workout, allora potrebbe avere senso aumentare il rapporto a 4:1:1, fino a 8:1:1, per avere la massima sintesi proteica possibile, in considerazione delle altissime quantità di leucina.
In linea generale, dunque, più aumenta la concentrazione di leucina, più aumenta la sintesi proteica e il recupero, minore è la concentrazione di leucina e più è razionale l’impiego dell’integrazione a scopo energetico prima e/o durante l’allenamento.