Immagino che chiunque abbia notato che i maratoneti d’élite sembrano correre senza alcuno sforzo, mentre la maggior parte dei runner corre manifestando in modo più o meno evidente le proprie difficoltà nel mantenere velocità, ritmo e cadenza.
Nonostante ciò, ci sono buone notizie per gli atleti master e per tutti coloro che corrono avendo superato, spesso anche di molto, la soglia dei 40 anni: un’interessante ricerca, pubblicata nel 2017 sulla rivista Plos One ha infatti dimostrato che, mentre gli atleti d’élite raggiungono le loro performance migliori intorno ai 35 anni, per poi diminuire progressivamente le loro prestazioni, i runner ultraquarantenni non professionisti spesso continuano a migliorare i loro risultati fino ad almeno i 50 anni di età..
Lo studio citato ha estrapolato ed esaminato una mole enorme di dati ottenuti in 16 anni di maratone di Chicago, New York e Boston.
I ricercatori si sono proposti di determinare l’età in cui sia gli atleti d’élite che quelli “ricreativi” – o runner “medi”, definiti come coloro che avevano ottenuto la media dei risultati all’interno di ciascuna fascia di età – iniziano a rallentare.
Il primo obiettivo dello studio era determinare la fascia di età in cui la prestazione della maratona diminuiva negli atleti d’élite, sia uomini che donne, e confrontarla con i corridori di capacità media. Un altro obiettivo dello studio era quello di esaminare il calo prestazionale annuale correlato all’età in maratona tra i vincitori delle diverse categorie e il finisher “medio”.
Per fare ciò, come si è detto, sono stati analizzati tutti i risultati delle maratone di New York (NYC), Boston e Chicago dal 2001 al 2016. Età, sesso e posizione sono stati utilizzati in più modelli di regressione lineare per determinare il tasso di declino nei tempi della maratona. I vincitori di ciascun gruppo di età sono stati poi valutati con incrementi di 5 anni da 16 a 74 anni (n = 47 per gruppo di età).
Dall’analisi è emerso che i tempi più veloci sono stati ottenuti dagli atleti d’élite tra i 25 ei 34 anni, con i migliori in campo maschile a 28,3 anni e in campo femminile a 30,8 anni (p = 0,004). Dai 35 anni in poi, e fino ai 74 anni, le vincitrici delle diverse categorie femminili hanno registrato un calo annuale più rapido nei tempi di arrivo della maratona rispetto ai vincitori delle corrispettive categorie maschili, indipendentemente dal tracciato della maratona. I tempi dei runner “medi” nelle diverse categorie di età sono invece rallentati solo a partire dai 50 anni, con un declino che successivamente è risultato simile tra uomini e donne.
Dall’analisi dei ricercatori è perciò emerso che i maratoneti d’élite più veloci, sia per gli uomini che per le donne, si situano nella fascia di età tra 25 e 34 anni, e che le loro prestazioni iniziano a diminuire intorno ai 35 anni, mentre i runner ricreativi all’età di 35 anni sembrano avere ancora molta energia nel serbatoio, che consente loro di continuare a migliorare almeno fino ai 50 anni.
Però non è tutto oro quel che luccica, perché la sarcopenia, ovvero la diminuzione progressiva e fisiologica della massa muscolare, insieme alla riduzione della densità ossea e alla ridotta capacità aerobica, sono fenomeni che iniziano inesorabilmente, anche se con tempi diversificati, in ogni atleta dopo i 35 anni.
Peraltro, continuando l’analogia con l’immagine del serbatoio, a ciascuno di noi viene assegnato in età giovanile un serbatoio di benzina pieno. Quel serbatoio tende a svuotarsi lentamente tra i 20 ei 30 anni, in base al consumo che ne facciamo. Ma una volta raggiunti i 35 anni, il serbatoio inizia a svuotarsi a una velocità maggiore. L’obiettivo di tutti dovrebbe essere proprio cercare di rallentare lo svuotamento.
Molto probabilmente, come sostengono i ricercatori dello studio citato, gli atleti d’élite, a causa dell’intensità e della durata dei loro allenamenti, tendono a svuotare il loro serbatoio più velocemente, mentre gli atleti ricreativi hanno probabilmente ancora carburante da spendere perché da giovani non si sono mai spinti ai livelli degli atleti d’élite.
Se dunque un atleta ricreativo non riesce a raggiungere livelli prestazionali crescenti anche dopo i 40 anni ciò è spesso il frutto di un allenamento non efficace o troppo poco intenso. Infatti talora è più facile e comodo per molti runner, più spesso per abitudine e per scarsa propensione al cambiamento, continuare a mantenere prestazioni non ottimali anno dopo anno piuttosto che raggiungere una maggiore prestazione e mantenerla nel tempo.
Molti runner ricreativi continuano spesso a fare la stessa cosa per anni, oppure allungano le distanze percorse senza lavorare sulla qualità della corsa. Invece, se si è già in grado di correre una maratona a ritmo relativamente lento, imparando un po’ alla volta a correre più veloci con ripetute, interval training e fartlek, molti sarebbero in grado di migliorare il consumo di ossigeno, la capacità aerobica e il livello prestazionale anche dopo i 40 anni.
Infine, una parte fondamentale di qualsiasi programma di allenamento dovrà prevedere un adeguato recupero, che non significa “rilassamento”, ma piuttosto “riposo attivo”, ovvero la pratica di riposare corpo e mente utilizzando altre attività, quali la camminata veloce, il nuoto o esercizi di allungamento e rilassamento, che consentano di rimanere sempre freschi e reattivi. Usare adeguatamente le fasi di recupero, cioè, non è sinonimo di “minore allenamento”, ma di “allenamento più intelligente”.